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The Bourne Legacy

Regia di Tony Gilroy vedi scheda film

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La recensione su The Bourne Legacy

di supadany
7 stelle

Opera discutibile nella sua genesi, non tanto per l’assenza dei pilastri della trilogia, ovvero il regista Paul Greengrass e Matt Damon, quanto perché realizzare un nuovo “Bourne” senza “Bourne” non è certo il migliore dei punti di partenza possibili ed immaginabili.

In ogni caso si tratta di un film che seppur presenti più zone d’ombra riesce, almeno a tratti, ad appassionare e complessivamente a riempire la scena come si deve.

Dopo quanto portato alla luce dall’agente Bourne gli altri agenti frutto di programmi segreti sono a serio rischio in quanto l’agenzia che tutto controlla, per mano di Ric Byer (Edward Norton), ha intenzione di mettere tutto a tacere eliminando dalla scena ogni traccia residua.

Ma Aaron Cross (Jeremy Renner) sarà un osso duro da distruggere grazie anche all’aiuto della Dott.ssa Marta (Rachel Weisz) anche lei messa sotto tiro.

 

 

La saga riparte ricollegandosi alla figura di Bourne, richiamata da foto nella parte iniziale, e trova nelle figure di Jeremy Renner (soprattutto) e di Rachel Weisz appigli d’interpretazione importanti per un film che possiede un congegno piuttosto intricato e stimolante, ma non sempre articolato nel miglior modo possibile.

Infatti nelle due ore di storia passano probabilmente troppi personaggi e vengono richiamati un’infinità di nomi, anche se questo non inficia più di tanto lo spettacolo fine a se stesso (e non solo) visto che di sequenze mozzafiato ce ne sono diverse, tra le altre menziono l’inizio tra le nevi in stile “survivor”, il mattatoio nel laboratorio (tensione pura), tutto ciò che accade nella casa di Marta e tutto il prefinale, a dir poco rocambolesco.

Purtroppo in mezzo, e dopo, ci sono alcuni difetti, prima di tutto purtroppo il finale appare fiacco e fin troppo semplice (ideale giusto per aprire ad un altro seguito), mentre il super “terminator” non impressiona più di tanto e la mancanza di un incontro/scontro tra Byer e Cross si fa sentire.

Un lavoro dunque non irresistibile, inferiore al livello medio della trilogia di partenza, ma comunque non disprezzabile e che forse chiamandosi in altro modo sarebbe apparso anche più simpatico ai più.

Tutt’altro che essenziale, ma tutto fuorchè inutile.

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