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The Possession

Regia di Ole Bornedal vedi scheda film

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La recensione su The Possession

di alan smithee
8 stelle

Ole Bornedal e’ uno di quei registi che seguo con interesse dal tempo degli esordi (chi si ricorda dello splendido “Il guardiano di notte”, seguito a breve distanza da un piu’ scialbo remake americano ad opera dello stesso regista nord europeo, forte di un cast all star ma tuttavia non all’altezza del folgorante originale?). Nome interessante e talentuoso di una cinematografia nordica che riesce a stupirci e a valicare i ristretti confini del proprio paese, cineasta rimasto colpevolmente sempre un po’ ai margini o in definitiva sottostimato quando coinvolto in operazioni commerciali, ma dotato a mio giudizio di una spiccata personalità e un taglio visivo molto personale, anche quando affronta budget e progetti preconfezionati come questo. Che comunque e’ pur sempre una “confezione” Raimi, mica un dozzinale Besson uguale a decine di altri…. . Certo l’ennesima storia di possessione non puo’ risultare certo originale o nuova, ma la vicenda - pur vista e rivista in ogni aspetto e degenerazione sinistra volta a ritagliarsi facili consensi da parte di un pubblico giovane, facile alla distrazione e piuttosto superficiale che mastica senza gustare la pellicola assieme agli unti popcorn che tiene nel grembo - funziona eccome, soprattutto in termini di regia e resa di suspence: una direzione che predilige le angolature ardite e gli spazi vuoti, una macchina da presa che si muove sinuosa quasi fosse mossa dallo spirito maligno che rinasce e si sviluppa all’interno della bella bambina protagonista. Anche il cast, senza star di grido ma forte di solidi attori di razza (un Jeffrey Dean Morganpiacevolmente dimagrito e una sofferta Kyra Segdwich in testa, ma pure la giovane bellissima Natasha Calis e’ davvero brava e ricorda nei tratti squisiti la giovane purezza - qui violata - di Anna Paquin delle lezioni di piano “campionane”), funziona bene, e il film, penalizzato da tanta recente concorrenza sulla stessa controversa tematica e succube pure lui di un originale insuperabile che non è neppure il caso di citare, riesce tuttavia a distinguersi da questa folta e spesso anonima o banale concorrenza grazie ad una personale firma autoriale che senz’altro manca nella maggior parte degli altri casi.      

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