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The Paper Will Be Blue

Regia di Radu Muntean vedi scheda film

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La recensione su The Paper Will Be Blue

di OGM
8 stelle

La rivoluzione romena del dicembre 1989 come non l’avete mai vista. Ossia quella invisibile, che non si poteva cogliere standoci in mezzo, ed il cui senso si afferrava solo seguendo i notiziari diffusi dalla radio o dalla televisione. Con questo film, Radu Muntean inaugura il suo mondo di scatole chiuse, in cui la grande assente è la percezione dell’insieme. Ogni individuo rimane confinato dentro la propria nicchia, che è un luogo fisico (come il vano dell’autoblindo a bordo del quale la recluta Constantin Andronescu svolge il proprio servizio) oppure una comunità di persone (come la famiglia che lo aspetta a casa, o l’unità militare che lo cerca dopo la sua fuga). Le idee unificanti vengono a mancare, e l’anima della rivolta risulta frammentata in tanti partiti, che suddividono il campo di battaglia in altrettanti compartimenti stagni. Ci sono obiettivi strategici, o forse soltanto simbolici (la villa di Ceausescu, la sede della tv di stato), ma non ci sono traguardi ideologici. Constantin, che abbandona i compagni per andare a combattere da solo, è una figura quanto mai surreale in un panorama nel quale è bandita ogni autonomia, e a maggior ragione ogni tipo di eroismo, perché quello che conta è l’inquadramento formale in un gruppo. Tutto è organizzato per settori, però la confusione è grande, visto che c’è difficoltà di comunicazione (il titolo del film è la parola d’ordine di un messaggio che non si riesce a trasmettere), si sbagliano i bersagli (i soldati finiscono per sparare su altri soldati), non si distinguono gli amici dai nemici (Constantin viene scambiato per un terrorista), si verificano anomalie nella scelta della priorità (il superiore di Constantin sospende la propria missione di pattugliamento per mettersi sulle sue tracce). A Bucarest e dintorni, più che spirare venti di guerra, sembra che circoli un’aria di caos, che preoccupa la gente ma non infiamma gli animi, se non quelli di pochi esaltati. L’atmosfera è quella di una pace domestica inopinatamente turbata da un momentaneo disorientamento, in cui l’incertezza sul futuro del Paese è messa in secondo piano rispetto alle preoccupazioni più urgenti e personali (come il desiderio dei giovani militari di andare in licenza per le feste di fine anno, o degli ufficiali anziani di andare al più presto in pensione). La Romania, anche in quel momento così drammatico, appare come una nazione regolamentata dai legami di parentela e di amicizia, dalle raccomandazioni, da un senso del dovere che cede il passo alla legge della convenienza. Nelle stesse file dell’esercito, lo spazio lasciato vuoto dal militarismo è occupato dalla propensione all’accomodamento, dalla burocrazia, dal parlare del più e del meno, dalla pasta all’uovo fatta in casa dalla mamma. Per le strade imperversa – così riferiscono i mass media – una battaglia cruenta e storica: ma è una battaglia a cui (in cui) nessuno crede, a cominciare da chi esercita il mestiere delle armi. Si resta in attesa di ordini che non arrivano, e quando arrivano non si eseguono, e quando si eseguono fanno solo danni. Reale e concreta rimane solo la tragedia della violenza e della morte: che giunge, anch’essa, un po’ per caso, senza che se ne possa capire il motivo né il fine. Come nei due film successivi,  il discorso di The Paper Will Be Blue ruota intorno a un argomento che non c’è: il nonsenso della normalità è il fenomeno scatenato da questo paradosso. Futilità e indifferenza sono le cugine povere dell’alienazione: sono le malattie della vita individuale che sa guardare solo a se stessa, dentro il suo piccolo microcosmo sbadatamente staccato dal contesto. Gli eventi estranei alla sfera streattamente personale accadono per sentito dire, ciò che non si vede qui e adesso è solo materia di ipotesi da formulare senza impegno. Sotto il profilo artistico, specchiarsi nella propria gente e nella propria epoca richiede solo la volontà di aderire fedelmente alla trascuratezza che regna sovrana, che improvvisa  storie informi ed incoerenti,  impossibili da riassumere, e  tali da poter essere raccontate solo istante  per istante. Radu Muntean fa di questa riflessione il principio della sua poetica, realista fino al midollo, fino al rifiuto di dare, ai suoi personaggi, la dignità di interpreti di una qualsivoglia idea sull’esistenza umana.

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