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Violeta Parra Went to Heaven

Regia di Andrés Wood vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Violeta Parra Went to Heaven

di Bebert
10 stelle

Biografia

 

Violeta Parra nasce a San Carlos, nel sud del Cile, nel 1917. E' figlia di un insegnante di musica e di una sarta: una famiglia povera in un Paese che stenta a sviluppare l'economia e le riforme sociali. Tra Prima e Seconda guerra modiale, Violeta, sua sorella Hilda e i due fratelli Eduardo e Roberto lavorano nei circhi ambulanti che percorrono il misero mondo contadino. A metà degli anni '30, la famiglia risiede a Santiago e i quattro fratelli si esibiscono in locali e strade con il repertorio musicale della tradizione popolare. Qui, Violeta conosce il futuro marito e padre dei loro figli Isabel e Angel, e nel 1952, decide di ampliare le proprie conoscenze poetiche e musicali, viaggiando alla riscoperta delle numerosissime opere tramandate oralmente e sul punto di sparire se non trascritte o registrate. Il suo è un autentico lavoro di ricerca antropologica volto al recupero delle antiche tradizioni cilene.

Con questo bagaglio d'esperienza e cultura, inizia a comporre la propria musica, caratterizzata da testi profondamente ispirati. Frequenta gli intellettuali cileni di sinistra, tra cui Pablo Neruda e con tenacia insegue il successo internazionale, recandosi a Varsavia e Parigi dove incide l'album "Cantos del Chile".

Ritorna nella sua terra e lavora come ricercatrice all'università di Concepciòn. Dal 1959, convalescente per un'epatite, inizia a tessere arazzi, dipingere e modellare sculture, sempre ispirandosi alla tradizione ma con una sensibilità che muove i suoi sentimenti anche per mezzo dell'arte pastico-figurativa. Espone le proprie opere in Cile e poi al Museo delle Arti Decorative a Parigi. Gli anni '60 la vedono impegnata nella sua multiforme attività, tra Sud America ed Europa; conosce il musicologo Gilbert Favré ed è un incontro artistico e sentimentale. Favré soggiorna a Ginevra e Violeta si esibisce ed espone in questa città col progetto ambizioso di esporre le proprie opere al Dipartimento di Arte Decorativa del Louvre: ci riuscirà ne 1964.

L'anno successivo ritorna nella sua terra che vive un momento di fermento culturale, i Parra, con Favré ed altri musicisti, scuotono le coscienze con una nuova musica d'mpegno sociale e di denuncia. L'ultima grande impresa di Violeta è la realizzazione di un Centro d'Arte Popolare alla periferia di Santiago. Impegnando ogni energia e superando enormi difficoltà economiche, riesce a far erigere il grande tendone "La Carpa de la Reina". Purtroppo il favore del pubblico non arriva, Favré decide di trasferirsi in Bolivia e lì sposarsi. Violeta soffre di un affaticamento ormai insostenibile e al culmine dello sconforto si toglie la vita, sola, nel monolocale attiguo al suo tendone-teatro, ormai abbandonato. Questo accade il 5 febbraio del 1967, pochi anni dopo, il Cile sprofonderà per venticinque anni nella spietata dittatura di Pinochet.

 

 

 

Il film

 

La biografia pare fredda e non elenca se non i fatti di una vita satura di progetti realizzati con determinazione. La volontà che spinge Violeta Parra, tra risoluzioni drammatiche che coinvolgono e spesso trascurano gli altri ed appagano l'Impegno come fosse una Missione, emerge evidente nel ritratto che ci propone il regista Andrès Wood.

Ogni esperienza vissuta sulle strade o nel mondo dell'arte è segnata da una personalità complessa e spesso contraddittoria. E' un'artista che insegue le proprie ambizioni ma è anche consapevole del confine che pone tra sé ed una normalità ben più difficile da raggiungere. Il contrasto che nasce sempre tra l'arte e il desiderio di vivere di rapporti sereni con la gente.

Violeta Parra vive tra spregiudicatezza, anticonformismo ed orgoglio da una parte e gelosia, disprezzo e biasimo dall'altra.

Certo, la vita nel Cile degli anni '20 lascia il segno: il padre che regge la fatica della povertà avvilente solo annegando nell'alcol, fino a morirne, la madre, completamente consumata dal lavoro. Intorno, ininterrottamente, un paesaggio arido, come i sentimenti che la miseria "asciuga".

Le tournee in occidente paiono appagare la sete di diffondere la propria cultura ma Violeta rifiuta di essere incasellata in un'ideologia precisa e ancora di più respinge con violenza la visione miope di chi s'accontenta d'essere temporaneamente appagato dal suo "mondo" come fosse un'occasione di curiosità superficiale.

Il film trascura la frequentazione degli intellettuali cileni e della capitale, forse per significare che l'artista si sente discendente della cultura folcloristica e non degli ambienti colti.

Si susseguono dunque gli episodi salienti, raccontati dalla protagonista in un'intervista: tra tutti va ricordato, per l'impatto visivo ed emozionale, nonché per il simbolsmo di una cultura lontana ed ardua da comprendere, il ricordo della preparazione al funerale di un bambino defunto che è vestito e in posizione seduta, è sorridente ed ha fiori ed ali di carta stagnola. I parenti non devono piangere, perché se lo fanno, inumidiscono le ali e lui non può salire in paradiso...

Queste sono le tradizioni e Violeta cerca di comunicarle con entusiasmo, cui segue sconforto, con fiducia, cui segue disillusione.

Il personaggio è dunque interpretato nelle varie sfaccettature del temperamento e non si cede mai alla celebrazione del mito senza difetti.

La straordinaria interprete, è l'attrice Francisca Gavilàn, che canta i brani che fanno da colonna sonora, molto somigliante alla Parra s'immedesima in tanti tratti caratteriali che poco hanno da essere condivisi, se non per l'umanità, che è così fatta, d'alti e bassi. Violeta è gelosa ma anche orgogliosa, ha bisogno degli altri ma rifiuta l'aiuto quando sente la compassione. In fondo è sola nel rigore morale che lascia spazio quasi esclusivo all'espressione artistica.

Anche il rapporto con Gilbert Favré, di diciannove anni minore di lei, è burrascoso. Violeta s'accorge d'essere superiore nell'arte ma non sopporta sentimenti più semplici, che mettono a nudo ogni debolezza. Storie che si spostano nelle canzoni, come "El gavilàn", lo sparviero, metafora dell'amore traditore e omicida.

Pone fine alla propria vita, Violeta. Ma a ben guardare potrebbe essere il gesto di un'artista che ha coscienza prima dell'esperienza. Dopo soli sei anni, l'amato Cile conoscerà l'abisso del regime militare che non lascia mai spazio ad una libera e consapevole espressione artistica.

 

 

"Grazie alla vita che mi ha dato tanto. 
Mi ha dato due occhi che quando li apro, 
Distinguo perfettamente il bianco dal nero, 
Sia nel cielo profondo e stellato 
Sia tra l'umanità. Che io amo." 

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