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Venuto al mondo

Regia di Sergio Castellitto vedi scheda film

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La recensione su Venuto al mondo

di FilmTv Rivista
8 stelle

La telefonata dell’amico di un tempo da Sarajevo scaraventa Penélope Cruz in un luogo che non è soltanto geografico, la Bosnia-Erzegovina del Dopoguerra o del Dopostoria, alla Pasolini. La citazione è un tantino sproporzionata, perché il film tratto dal bestseller omonimo di Margaret Mazzantini, edito da Mondadori nel 2008 e Premio Campiello 2009, si tiene lontano da qualunque lacerazione etica, scegliendo la strada del melodramma, che presuppone una minima sospensione di verosimiglianza perché ragioni e regioni del cuore sono sempre diverse da quelle della mente. E così la messa in scena passa dal clamore delle grida, della violenza e dello stupro (reale e metaforico) alla ridondanza narrativa, non priva di scene poco felici, come quella della psicologa Jane Birkin commossa al racconto di Penélope e dell’amato fotografo americano di guerra Emile Hirsch (sempre più bravo e maturo), coppia che non riesce ad avere figli. La guerra nella ex Jugoslavia diventa uno sfondo e un pretesto anche perché la storia inventata dalla scrittrice Mazzantini (qui cosceneggiatrice con il marito Sergio) è abbastanza forte e “grande” da poter camminare con le proprie gambe. Come già in Non ti muovere (stessa operazione: altro bestseller di Margaret e altro film in complicità con il coniuge) regia e costruzione narrativa scivolano continuamente tra momenti alti e momenti che un buon produttore avrebbe consigliato di tagliare al montaggio. E come in Non ti muovere rimane e rimarrà l’interpretazione di un’attrice straordinaria, Penélope Cruz, capace di recitare in tre lingue (italiano, e quasi senza accento, croato e inglese: si consiglia la visione rigorosamente in originale), regalando a ciascuna un’intensità difficilmente rintracciabile altrove. La Cruz è davvero una donna e un’artista fortunata: fino a oggi ha incontrato due registi, Castellitto e Almodóvar, con cui instaurare un rapporto professionale come poche volte capita al cinema o a teatro; quando è diretta da loro, la passione e la sublime finzione (ovvero: la verità) si leggono - tramortendoti - solo nei suoi occhi.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 46 del 2012

Autore: Aldo Fittante

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