Regia di Sergio Castellitto vedi scheda film
Prima considerazione: Mazzantini e Castellito avrebbero quantomeno avuto il bisogno di un consulente esperto in fase di sceneggiatura o di un produttore di spessore e personalità, magari non compiacente e dotato di piglio critico e mano decisa in fase di post produzione. Immagino briefing costruttivi e discussioni accese intorno ad un progetto indubbiamente interessante, giustamente duro (per materia e scelte stilistiche), e che sicuramente avrebbe meritato esiti migliori per il complesso delle forze in campo. Invece ci si trova di fronte ad un lavoro pieno di difetti, spesso confuso, spigoloso, grossolano, grezzo, sgradevole e drammaticamente fallace. Un paio di sequenze da mediocre cinema italiano (la festa al rifugio e la danza con emorragia ed aborto spontaneo) e una sorta di pesantissima cappa d'assenza di verosimiglianza che toglie pathos agli eventi. Resta la storia, difficile da seguire ma sequenza dopo sequenza capace di farci giungere ad un finale straziante e sconvolgente che fa molto pensare al senso della vita, alle atrocità della guerra, alle scelte personali, al senso della maternità e paternità, alle sofferenze più profonde dell'animo umano, alla condivisione del dolore e la necessità di sopportare il peso dei segreti più profondi. Resta il coraggio di un cinema gestito "in casa", in qualche modo autorale, vivo, in grado di affrontare una delle pagine peggiori della nostra recente storia (i confini bosniaci distano si e no 5 ore di auto dalla frontiera italiana): i Balcani e le lotte fratricide, la pulizia etnica, lo schifo delle violenze sulle donne e il terrore delle bombe occidentali cosiddette intelligenti. Resta infine, e forse in primis, l'interpretazione sentita e convincente dei protagonisti, soprattutto la Cruz, sul cui volto scorrono gli anni, tra presente e passato, di tutta un'esistenza tragicamente segnata dagli eventi. Colonna sonora e scelta delle canzoni discutibile.
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