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Project Nim

Regia di James Marsh vedi scheda film

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La recensione su Project Nim

di barabbovich
6 stelle

Negli anni '70 Nim, un cucciolo di scimpanzé, venne strappato dalle braccia della madre e allevato in una famiglia di umani (si fa per dire). La decisione fu il frutto di un progetto scientifico voluto da uno psicologo dell'università di Harvard, deciso a focalizzare il contrasto tra natura e ambiente, favorendo il secondo attraverso lo sviluppo, nella scimmia, del linguaggio dei segni. Sulle prime, tutto sembrò andare per la giusta strada, quando Nim era ancora minuto e inoffensivo. Ma dopo qualche tempo cominciarono ad arrivare le prime avvisaglie della sua natura animale: strappò una guancia alla sua mamma adottiva, diventò incontrollabilmente aggressivo anche durante i giochi e non lo aiutò certo il fatto di essere stato allevato secondo alcuni vizi tipicamente umani, come il fumo di marijuana e l'abuso di alcolici. Sicché il progetto viene accantonato e per Nim ebbe inizio un'interminabile via crucis: dapprima recluso in una gabbia minuscola, quindi sottoposto a ulteriori esperimenti da una specie di Menghele della veterinaria, infine affidato a un'altra famiglia e poi al ranch di un filantropo per equini abusati (sic), nel quale era l'unica scimmia del posto. Morì a 26 anni, dopo essere diventato uno scimpanzé di enormi dimensioni, essersi trasformato in un killer e avere concluso finalmente gli ultimi anni della sua esistenza tra i suoi simili.
Il documentario di James Marsh (già autore di Man on wire) racconta una vicenda tragica sulle mostruosità di cui è capace l'uomo persino in nome della scienza, portando davanti all'obiettivo le testimonianze dei tanti che ebbero a che vedere con il Progetto Nim. Se l'oggetto filmico è del massimo interesse, non altrettanto esemplari sono lo sviluppo narrativo e il montaggio, che assembla un po' troppo alla rinfusa i diversi rivoli del racconto, miscelandoli con moltissime fotografie e riprese di repertorio.

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