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Il pescatore di sogni

Regia di Lasse Hallström vedi scheda film

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La recensione su Il pescatore di sogni

di miss brown
6 stelle

Questo film è nato come una produzione televisiva per la BBC Films, di solito garanzia di qualità. Smentendo il titolo originale non è stato girato nello Yemen, per i turisti già infrequentabile da anni e sconvolto dal 2008 da rivolte e colpi di stato, ma nel più sicuro Marocco, presso la città di Ouarzazate e la diga sul fiume Draa. Durante la lavorazione il set è stato distrutto da violentissimi temporali e travolgenti piene per ben tre volte: ma i laici e positivisti occidentali, anziché ascoltare l'ammonimento divino e abbandonare l'impresa, hanno caparbiamente ricostruito il set e continuato le riprese. E, immagino per recuperare un po' dei soldi spesi, hanno deciso ahinoi di distribuire al cinema un film che nella prima parte cerca di essere una commedia e nella seconda parte un dramma, in entrambi i casi senza riuscirci.

Uno sceicco yemenita (Amr Waked) si è comprato una splendida tenuta in Scozia, e oltre ad acquisire l'aplomb del gentiluomo di campagna si è anche appassionato alla pesca alla mosca. Con l'arroganza del ricco che vuole una cosa per la sola ragione che se la può permettere, decide di investire 50 milioni di dollari - no, di euro, no, di sterline - per introdurre i salmoni negli ouadi del suo torrido e arido paese, sfruttando le sorgenti fredde sotterranee e una nuova grandissima diga da irrigazione appena costruita. In un vortice di misticismo è infatti convinto che la spiritualità interiore che si prova durante la pesca con la mosca potrebbe aiutare a diffondere la pace nella sua disgraziata patria.

Per la realizzazione del progetto si fa assistere da Harriet Chetwode-Talbot (Emily Blunt), consulente finanziaria dello studio legale di Londra che si occupa dei suoi affari, che ha un flirt con un capitano delle Forze Speciali di stanza in Afghanistan; la quale si rivolge al Ministero della Pesca, dove viene indirizzata al dottor Alfred Jones (Ewan McGregor), mite ed eccentrico ittiologo, grigio funzionario di basso rango, con moglie frigida e stakanovista sempre in giro per lavoro, famoso nell'ambiente dei pescatori per aver creato 10 anni prima una famosa "mosca" che porta il suo nome.

Contemporaneamente assistiamo alle difficoltà di Patricia Maxwell (Kristin Scott-Thomas) che dirige con piglio militaresco l'ufficio Pubbliche Relazioni del Primo Ministro inglese, alla disperata ricerca di qualche notizia positiva da passare alla stampa circa i rapporti fra Regno Unito e Medio Oriente. Appena scopre l'esistenza del progetto sull'introduzione dei salmoni inglesi nello Yemen ci si butta, si può proprio dire, "a pesce", e offre allo sconcertato dottor Jones tutto l'appoggio possibile.
Dapprima riottoso per la follia del progetto, palesemente irrealizzabile, Fred pian piano si lascia affascinare sia dalla bella Harriet che dalla personalità misticheggiante dello sceicco, il quale filosofeggia sul simbolismo del salmone che risale il fiume controcorrente, come dovrebbe fare coraggiosamente ogni uomo che abbia un sogno.

Dopo aver introdotto fatti e personaggi con ritmo brillante e spedito, il film fa la fine di tutti quelli diretti da Lasse Hallström, la cui acuta personalità nordica è stata ormai definitivamente castrata dalla lunga frequentazione coi produttori hollywoodiani (THE SHIPPING NEWS, IL VENTO DEL PERDONO e HACHIKO sono sinceramente inguardabili): dopo una mezz'ora la storia comincia a rallentare e nella seconda parte si affloscia inesorabilmente, come un soufflé cotto in un forno che si raffredda.
Eppure gli elementi per farne qualcosa di buono c'erano, a cominciare dall'omonimo romanzo del 2006 di Paul Torday. Lo sceneggiatore Simon Beaufoy (autore di THE FULL MONTY e MILLIONAIRE) ha fatto di sicuro una faticaccia ad adattarlo, perché era completamente scritto in forma epistolare: lettere, appunti, memo, fax, email, archiviate dal protagonista con burocratica puntigliosità. Poi però a furia di smussare si è fatto prendere la mano, e senza lesinare sugli stereotipi ha trasformato l'originario pungente libello sull'umana follia scritto in punta di penna in un'innocua commediola romantica, una brodaglia buonista e melensa, stravolgendone l'intento col ribaltamento del finale. Qualcuno ha provato ad accostarlo al poetico L'UOMO DEI SOGNI (Field Of Dreams) con Kevin Costner agricoltore dell'Iowa che distrugge il suo campo di granturco per costruire un campo da baseball, ma non è proprio cosa.

Ewan McGregor è troppo giovane e carino, fisicamente del tutto fuori parte per il suo personaggio: probabilmente ispirandosi alla buonanima di Alec Guinness ce l'ha messa tutta per rendersi anonimo, sfoggia persino un forte accento scozzese, ma proprio non riesco a vederlo nei panni di un Fantozzi delle Highlands "rigenerato" dall'amore.
Emily Blunt fa il suo dovere di perfetta assistente prima e vedova inconsolabile poi (ma si può essere così inconsolabili per la perdita di un uomo che si è frequentato per 3 settimane?); purtroppo fra lei e McGregor non c'è traccia di scintille, la proverbiale riservatezza inglese diventa quasi autismo e il finale risvolto romantico fra i due protagonisti appare artificioso.
Il personaggio dell' "arabo buono" (Amr Waked - affascinante superdivo del cinema egiziano, già protagonista di IL PADRE E LO STRANIERO con Alessandro Gassman) sembra davvero il frutto di una campagna pubblicitaria progettata a tavolino.
Per fortuna a tirar su il mio spirito di spettatrice demoralizzata appariva di tanto in tanto l'inarrestabile e linguacciuta donna in carriera Kristin Scott-Thomas, capace di strapazzare con la stessa rustica energia figli, impiegati e ministri, una vera sorpresa che spero si possa ripetere, magari con uno script scritto meglio che non le faccia così biasimevolmente sprecare questo insospettato talento comico.

In definitiva consiglio caldamente la visione del trailer da 2 minuti e mezzo che si trova su YouTube: è più che sufficiente, e racconta il film dall'inizio alla fine senza inutili lungaggini, facendo risparmiare gli 8 euro di biglietto che in questo caso sarebbero spesi malissimo.
P.S. avrei dato 2 stelline, non di più - la terza si deve alla tagliente performance di Kristin Scott-Thomas e all'eccellente lavoro del direttore della fotografia Terry Stacey nelle tre location così differenti, Londra, Scozia e Marocco.


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