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Cosmopolis

Regia di David Cronenberg vedi scheda film

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La recensione su Cosmopolis

di OGM
8 stelle

La visionarietà si patina di suggestioni fantapolitiche ed intimiste. Per farci capire che la filosofia di fondo della new economy è il caos, nel quale navigano frattaglie di razionalità da strappare con i denti.  Eric Michael Packer, padrone ventottenne di uno sterminato impero finanziario, attraversa quella palude a passo di lumaca, dentro una stretch limousine imbottigliata da un traffico impazzito. Le minacce terroristiche hanno bloccato le strade di New York. La paranoia tiene in ostaggio un’intera città, ma ad esserne prigioniere sono soprattutto le menti di coloro che hanno in mano le redini del sistema. La loro ossessione è dover controllare, prevedere, gestire tutto, secondo per secondo, seguendo la linea zigzagante delle fluttuazioni del mercato. I monitor a bordo di quell’automobile sono macchie d’incandescenza in mezzo alla palude del caso, nella quale cercano di gettare un po’ di luce, forse più metafisica che tecnologica. In mezzo ad un universo senza più regole, il sapere si è ridotto ad una sorta di magia. Pecker cerca di continuare a esercitarla: coltiva la propria onnipotenza circondandosi di geniali collaboratori, di avanzati strumenti scientifici, in modo da costruirsi intorno una roccaforte di certezze. La sua salute è affidata ad un check-up quotidiano, con tanto di ecografia toracica ed esame della prostata. Attenzione ininterrotta e perfetta trasparenza sono i principi guida della sua vita, perché lo scrupolo e la perspicacia devono spazzare via le incognite. A cominciare da quella riguardante l’andamento delle quotazioni valutarie. La sua fortuna, oggi, dipende dalle sorti dello yuan. Intanto la varia umanità che incrocia sul cammino gli ricorda che tutto è vano: essere ed apparenza coincidono in quella momentanea verità che è l’esistere. L’età è un aspetto momentaneo che definisce l’individuo, ma cambia ogni momento, esattamente come i ruoli sfumano, e le parole invecchiano per il semplice fatto di essere usate e di attaccarsi alle cose caduche. In un attimo, una donna ha quarant’anni, è guardia del corpo oppure amante, un ratto  può convertirsi in moneta, un uomo trasformarsi in un relitto, il termine computer ridursi ad un arcaismo. La frenesia del successo accelera il processo di metamorfosi scombinandone le logiche. Se la ricchezza si concentra, diventando un bene strettamente personale, anche le leggi del cosmo si possono parcellizzare,   rendendosi indipendenti dall’armonia complessiva entro cui si è sviluppata la natura.  Per tentare di frenare la spinta centrifuga ci si ferma a parlare: si scava a fondo nell’istante, scoprendone il retroterra che è lungo quanto un’intera vita, facendo finta che in quella scia di eventi liberamente incatenati si nasconda il senso che dà origine al presente. Una sorta di carotaggio del passato, che questa storia presenta come una rassegna di contributi individuali all’imperscrutabilità di un mondo nel quale tesi ed antitesi si moltiplicano senza sosta, e si incontrano solo per uccidersi. Nel romanzo di Don DeLillo David Cronenberg trova un materiale contemporaneo melmoso ed oscuro,  adatto a farsi ricoprire da quella glassa di mostruosità opaca, malleabile ma resistente, che è il marchio di fabbrica delle sue opere.  I personaggi sono, ancora una volta, fantocci plasmati dalla follia del progresso, che è la smania di tutti, ma soltanto in alcuni si acutizza nella delirante illusione di dominare la realtà, con l’arma, immancabilmente inebriante ma sempre più spuntata, di un’allucinata immaginazione.  

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