Regia di David Fincher vedi scheda film
Bisognerebbe inventare l’Oscar ai Migliori Titoli di Testa, perché a vedere questo film non si applaude solo alla fine, ma anche e soprattutto all’inizio: tre minuti circa che sono un capolavoro di estetica cyberpunk e accompagnano lo spettatore all’interno della pellicola, anticipando in immagini i temi spinosi e le atmosfere glaciali (lungimirante e azzeccata l’idea di girare in Svezia) che imprimono il racconto.
Il resto parla da sé: una fotografia impeccabile, uno svolgimento narrativo che tiene inchiodato alla poltrona anche lo spettatore che ha già letto il libro o visto la versione svedese del 2009 (di gran lunga inferiore, molto più macchinosa) e conosce già gran parte dei fatti. A questo si aggiunga un finale che lascia un forte sapore amaro in bocca.
È indubbiamente una delle vette del più grandi registi in circolazione, che non fa sconti (notevolmente pesante la scena dello stupro) e si dimostra ancora una volta abile nel penetrare a fondo i meandri psicologici della sporcizia morale e del sadismo umani.
I temi appena citati sono poi messi in scena attraverso una pulizia formale che sovente incanta lo sguardo.
Visivamente splendido (tutto giocato sul contrasto tra i colori freddi degli esterni e quelli caldi e “accoglienti” degli interni), con una Rooney Mara da Oscar che eguaglia (se non addirittura supera) la Noomi Rapace della versione precedente e un Daniel Craig come sempre impeccabile.
Un film perfetto, destinato (e giustamente) a diventare un cult.
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