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Mil cretins

Regia di Ventura Pons vedi scheda film

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La recensione su Mil cretins

di OGM
6 stelle

I mille cretini, in realtà, sono più che altro cervellotici, maniaci, paranoici. Semmai la stupidità appartiene alla vita in sé, che opera secondo logiche incompatibili con quella umana. Il titolo della raccolta di racconti dello scrittore Quim Monzó, da cui sono tratti i quindici episodi del film, è ispirato al modo in cui, nell’ultimo di questi, una donna ricoverata presso una residenza per anziani definisce gli altri ospiti della struttura. Per lei, come per loro, la vanità dell’esistenza è giunta a compimento, ha infine presentato il conto, palesandosi al di là di ogni ragionevole dubbio. Suo marito, affetto da enfisema cronico, chiede soltanto una pillolina perché tutto finisca; vuole quella che chiamano anastasia. Quell’uomo è soltanto l’ultimo di una lunga serie di personaggi che affrontano le grandi questioni della vita con mezzi inadeguati, nati dall’approssimazione e irrimediabilmente compromessi dalle bizzarrie individuali. Le conseguenze delle azioni sfuggono letteralmente di mano ai loro autori, nel bene come nel male. Capita ad anonimi abitanti delle grandi città dei giorni nostri, ma anche ai grandi protagonisti del passato, reali o immaginari che siano. Le loro iniziative sono immancabilmente intempestive, e tali da produrre paradossi inattesi, o per avventatezza, o, al contrario, per un eccesso di zelo nell’elaborazione mentale delle circostanze.  Nella prima parte, otto brevi storie  tratte dal mondo contemporaneo ci introducono nell’alienazione che estrania l’individuo dalla situazione in cui si trova, inducendolo a proseguire dritto per il suo cammino, qualunque cosa accada (Un taglio, Quando Sergi lavora di notte), oppure sbattendolo di colpo fuori strada,  a dispetto della buona volontà dimostrata (La lode, Quando Berta apre la porta). In ogni caso la faccenda sfocia nell’assurdo, che può essere il frutto indesiderato di un atteggiamento radicale e crudelmente distruttivo (La lettera, Sabato), o di un sovraccarico di importanza attribuito alle piccole miserie del quotidiano (La forchetta). La normalità viene dissacrata da uno sguardo visionario, che ingigantisce, insieme ai particolari, la potenza beffarda del destino.  Nella seconda parte, il discorso viene applicato alle favole, ai miti, alle parabole evangeliche, non risparmiando né i santi (la Vergine Maria), né gli eroi (Guglielmo Tell). Uno spirito ribelle scombina le carte, divertendosi a rovesciare i finali (Il sangue del mese che viene, Il rospo), a lasciarli inaspettatamente sospesi (Le libertà elvetiche), ad esporli alla cinica incommensurabilità delle vicende umane, che scaturisce dalla possibilità di più opzioni (La bella addormentata) oltre che dalla limitatezza delle nostre forze (Una bella giornata) e dal nostro scarso senso della misura (Fame e sete di giustizia). La terza parte del film si ricongiunge all’inizio della prima, fornendo una cornice improntata alla vecchiaia e alla stanchezza, che sembrano il naturale sbocco del discorso centrale, secondo il quale vivere equivale a sfinirsi in una corsa senza speranza.  Le energie sono consumate dall’esasperante attrito con un terreno cosparso di ostacoli, che sono apparentemente assegnati dal  caso, eppure si direbbero inventati apposta per noi. L’idea è sottile e si presterebbe di per sé alla riflessione, però la regia di Ventura Pons non possiede l’agilità della scrittura letteraria, e il carattere folgorante della parabola si perde in una narrazione priva di climax.  L’effetto sorpresa latita soprattutto nella seconda metà, con quei bozzetti teatrali in costume dall’aspetto totalmente opaco, che sanno tanto di rappresentazione amatoriale. Mils Cretins ha certamente dalla sua parte il meritorio tentativo di metter in scena una satira che risulti popolare senza scadere nel popolaresco. Però, cercando il giusto mezzo, la ferocia purtroppo si spunta e si consegna insipidamente all’oblio.

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