Regia di Steve McQueen (I) vedi scheda film
Brandon è un bell’uomo, ha circa trentacinque anni, un buon lavoro e il computer zeppo di video porno. Per lui il sesso è un’ossessione che lo spinge a masturbarsi freneticamente (anche nel bagno dell’ufficio) e ad avere di continuo rapporti occasionali con donne abbordate in giro o con prostitute. E capita, a volte, non si limiti solo a questo.
La routine di Brandon è intralciata dall’arrivo di Sissy, sua sorella, cantante sbandata che condivide col fratello insicurezze personali e difficoltà nella gestione dei rapporti umani.
Brandon nel sesso non cerca il piacere, non lo usa per dimostrare la sua virilità, non è il desiderio di possesso a spingerlo. Il sesso sembra essere ciò che lo collega alla realtà, l’unico ponte fra mondi apparentemente lontani, il solo contatto fra quello che ha dentro di sé e quello che ha intorno. Forse la sua è una richiesta d’aiuto. Sicuramente è un vortice, una spirale discendente che sembra non arrivare mai al fondo. Com’è evidente, non ci sono passione e sentimento nella sua sessualità, non ci sono gioia e coinvolgimento. Proprio questo pare dare un significato alle azioni di Brandon: la sua è una ricerca esasperata di un’emozione vera, genuina. E un’emozione arriverà. Da una donna. Sua sorella.
Steve McQueen (anche sceneggiatore con Abi Morgan) dirige con qualità e intelligenza una pellicola su un argomento evidentemente non facile da gestire. Le scene di nudo e di sesso, per quanto un po’ gratuite a volte, sono crude ma non volgari. Mentre la sceneggiatura non brilla per originalità (ne è conferma il prevedibile finale), il valore aggiunto della pellicola sono le ottime prove di Michael Fassbender e Carey Mulligan.
Alla fine della visione rimane negli occhi una scena: mentre Sissy canta una versione intensa e toccante di New York New York, Brandon non riesce a trattenere una lacrima. E’ questa lacrima che contiene la vergogna di cui parla il titolo.
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