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Mortacci

Regia di Sergio Citti vedi scheda film

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La recensione su Mortacci

di maso
8 stelle

Meccanismo collaudato per Citti in almeno altri suoi due lavori precedenti rispettivamente il sanguinoso e sfrontato "Storie scellerate" da molti considerato il suo capolavoro ed il televisivo e surreale "Sogni e bisogni" che annovera nel cast il meglio degli interpreti della commedia all'italiana provenienti dagli anni settanta, in "Mortacci" ha inserito elementi e situazioni da entrambi i film ma con un tocco meno accecante del primo e meno surreale del secondo almeno nelle singole storie che i morti viventi del cimitero gestito da Vittorio Gassman si raccontano, la loro vivacità post mortem è determinata dal ricordo di chi è ancora in possesso della propria anima in cui rivivono finchè non ne saranno privati, è proprio per questo che il Marchese del Grillo non abbandonerà mai questa sua realtà incorporea: le sue barzellette, i suoi scherzi sono ormai leggende popolari che si tramandano di generazione in generazione e non moriranno mai come il suo ricordo, al contrario dei due gemelli diversi finti ciechi mendicanti deceduti per una tragica fatalità causata dalla povera Rosina che è proprio l'unica al mondo che li ricorda portando fiori sulle loro tombe e una volta morta lei le loro anime scompariranno dal cimitero per raggiungere la pace eterna su in cielo,

in mezzo a loro sopravvivono alla morte eterna un microcosmo di personaggi belli e brutti, dannati e sfortunati, ipocriti e condannati, mescolati fra i loro sepolcri dai quali osservano quei poveri cristi che continuano a portar fiori per alcuni o giocano ancora con le loro vite nonostante non siano più in essi.

La semplicità del cinema di Citti è questa volta esaltata da un cast multicolore per provenienza, fama, peso specifico ma perfettamente amalgamato e sfruttato per le proprie caratteristiche: il povero non eroe per caso con il volto di un giovane Sergio Rubini più utile ai suoi compaesani da morto che da vivo, il latin lover Scopone interpretato da Andy Luotto morto a causa di un gelato ed un chinotto scioltisi in pancia per colpa di un ballo d'amore ed il culo irresistibile di Michela Miti per una volta non alle prese con Alvaro Vitali pur essendo nello stesso film, il redivivo Alvaro nazionale stavolta fa soldi sui morti degli altri e se la vede con un bravissimo Aldo Giuffrè, per concludere con un mito assoluto come Malcom McDowell strepitoso a sciorinare il suo istrionismo nel ruolo di un ambizioso attore che per mettere in scena la morte nel migliore dei modi la provoca veramente ma alla sua bella partner Carol Alt mentre un misterioso regista trova da ridire anche dinnanzi una interpretazione più vera della vita stessa, più vera della morte.

Il cinema di Citti è la prosecuzione della poetica pasoliniana fatta di tanta umanità e di umana fantasia.

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