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La guerra è dichiarata

Regia di Valérie Donzelli vedi scheda film

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La recensione su La guerra è dichiarata

di giancarlo visitilli
8 stelle

Ci sono tutte le fasi della guerra, nel racconto: si stabiliscono i confini delle trincee, ci si barrica, ognuno a modo proprio, negli stretti confini, e di lì ci si osserva. La guerra o la tregua? Ci si ammala per la guerra da combattere…
Immenso il film della regista e interprete Valérie Donzelli. La guerra è quella di Romeo e Juliette, incontratisi ad una festa locale. Si sono innamorati a prima vista e hanno deciso subito che quel loro amore potesse dare frutti: presto concepiscono un bel bambino, Adam. Una storia d’amore come milioni di altre, la loro. Salvo che il loro bambino, Adam, si comporta in modo anomalo, ha dei disturbi e alcuni difetti fisici. I giovani genitori si sforzano di convincere se stessi che va tutto bene ma, con il passare del tempo, non possono più illudersi: il loro figlio ha un problema. E i loro timori purtroppo vengono confermati: a 18 mesi scoprono che Adam soffre di un tumore maligno al cervello. Da ora in poi, la guerra è dichiarata: bombe, lanci e slanci contro la malattia, rincorse contro la morte e contro la disperazione. Una dolorosissima tragedia, che presto si trasforma presto in una lotta contro il destino, in un gioioso inno alla vita, che li accompagnerà fino al nuovo viaggio. Ripartire, in compagnia di Adam.
Guardare il film della Donzelli è fare esperienza di vita a trecentosessanta gradi: tutto accade perché dal vivo, ma soprattutto sopportato e vissuto dalle vite della stessa regista e dell’interprete principale del film Jèrèmie Elkaïm, si tratta della loro esperienza, affrontata con coraggio e determinazione, altrimenti non avremmo la sensazione di ritrovarci noi stessi, in quanto spettatori, ironici, nel guardare, soffrire e mostrare il ghigno, di fronte allo schermo.
Guardare il film della Donzelli è come leggere le pagine di un diario che si vorrebbe, prima o poi, ma presto, finire: in alcuni passaggi l’utilizzo della voce fuori campo, sia femminile che maschile, fanno entrare nella giusta dimensione di quello che può essere il vocio di quel che rimane, di un grido, quasi sempre inespresso, sottaciuto, mascherato, agli occhi degli altri, e a volte di sé stessi. Si inghiotte e quel che va giù è un dolore lancinante, dal quale ci si innalza grazie al sollievo che la musica può rendere, forse, più sopportabile, ma non eliminare del tutto. Il palcoscenico su cui ci si avventura, la stessa ‘pista’ per la (rin)corsa contro il dolore, la scatola nella quale contenere le gioie, le speranze e la stessa morte, sono costituiti dall’ospedale. Luogo asettico, sterile e che fomenta i dubbi, confidati dai rispettivi amanti, fino al punto da scherzarci sopra (“ho paura che dopo l'operazione Adam diventi cieco, sordo, nano, omosessuale, nero”). E allora è meglio vivere secondo la legge del carpe diem, affidandosi a quel che resta del giorno, immaginando che fosse l'ultimo,ma strenuamente rifiutando il pietismo, che non fa parte affatto delle vite dei due protagonisti, nonostante tutto.
La guerra è dichiarata è un film necessario, perché, a partire dalla ‘terra’, contaminata dal male, di Valerie e Jeremie, ci si innalza al di sopra delle parti, ci si immola al bene comune e a quel che resta di veramente degno di essere amato, dinanzi a tanta barbarie, con quell’unica e confortante certezza accennata nello stesso film: “Perchè è capitato a noi?” – “Perchè ce la possiamo fare”.

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