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La fille du puisatier

Regia di Daniel Auteuil vedi scheda film

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La recensione su La fille du puisatier

di alan smithee
8 stelle

Come d’abitudine nelle opere letterarie (e cinematografiche) di Marcel Pagnol, la Provenza rurale di fine anni ’30 fa da sfondo, seducente e pittoresco,  a vicende e contrasti amorosi tra protagonisti appartenenti a differenti classi sociali: percorsi sentimentali contrastati dal destino, amori irrefrenabili guidati dalla passione giovanile, che tuttavia devono fare i conti con cruda realtà della guerra imminente, con la inesorabilità di un destino avverso, con l’infingarda predisposizione dell’essere umano a vivere di pregiudizi e opinioni precostituite, in grado di sconvolgere interi nuclei familiari, facendo vacillare equilibri consolidati nel tempo e tenendo lontana la serenità ed il quieto vivere a cui ogni persona onesta avrebbe diritto.
Opera d’esordio del celebre bravo attore Daniel Auteuil, e remake di quel “Patrizia” dello stesso Marcel Pagnol, scrittore con la passione per il cinema, “La fille du puisatier” ripercorre i luoghi e le trame classiche della tragedia dei sentimenti che divide due amanti giovani ed appassionati, divisi da un destino crudele e da circostante legate al momento storico e a certi vincoli morali travianti e innaturali. Tematiche care e ricorrenti in tutta l’opera dello scrittore francese, che ripropone in tutti i suoi testi, i profondi contrasti e le accese problematiche amorose ed etiche, rielaborandone ogni volta le caratteristiche, con piccole variazioni di location (Marius e Fanny erano ambientati sul porto di Marsiglia nei medesimi anni, qui ci troviamo a Salon de Provence, nell’immediato entroterra della medesima regione), ma identico schema narrativo.
Uno sfondo che nel caso del successivo (uscito pochi mesi addietro nelle sale francesi) dittico Marius e Fanny, assume i limiti e i contorni del vecchio porto marsigliese ed adotta grazie a questa unità di luogo e d’azione, uno stile quasi teatrale; in quest’opera al contrario domina lo spazio aperto e luminoso di un Provenza assolata ed accogliente, ricca di vegetazione lussureggiante e di colture, teatro naturale ideale per far germogliare una storia d’amore tra due giovani belli e frementi di passione, pur repressa dalle rigide convenzioni della morale.
La bella popolana Patrizia Amoretti, figlia diciottenne di uno scavatore di fosse di origini italiane, vedovo con cinque figlie, (è il “puisatier” del titolo), nel portare da mangiare al padre, attraversando campi e boschi, si innamora di un baldanzoso ufficiale dell’aviazione, figlio borghese dei titolari del bel negozio di ferramenta del paese. Il padre, più concretamente, sogna la figlia data in sposa ad un onesto lavoratore del proprio ceto sociale, ed individua nel già maturo aiutante Felipe quel possibile candidato. Quasi inutile aggiungere che Patrizia, pur devota al padre e rispettosa delle decisioni del capo famiglia, si indirizzi, nonostante la naturale ritrosia e timidezza, verso il giovane aitante ufficiale. La storia d’amore raggiunge impeti che valicano ogni iniziale prudenza e quando la giovane si scopre incinta, il destino vuole che il militare venga richiamato al fronte per respingere l’avanzata nazista. All’incontro chiarificatore programmato per il giorno successivo il ragazzo non potrà partecipare e per questo incaricherà la madre di consegnare una missiva per la giovane. Ma la donna, nel timore di un matrimonio riparatore calcolato allo scopo di arricchirsi alle spalle della sua famiglia benestante, brucia la lettera e sfugge all’appuntamento. Rinnegata dal padre,Patrizia si rifugia da una zia per partorire. Sei mesi dopo, quando Pascal viene a sapere che il nome del neonato è il suo, ss  pufficirscuo, intravede nell’infante il modo voluto dalla provvidenza per far proseguire la sua genealogia e per questo si riavvicina alla figlia. Intanto il mezzo dell’aviatore viene bombardato e il ragazzo dato prima per disperso, poi riconosciuto ufficialmente deceduto. Ecco che solo allora i genitori di quest’ultimo cercano di riavvicinarsi alla famiglia del “puisatier” per ritrovare quell’erede fino a poco tempo prima disconosciuto. Si innesca quindi una contesa tenace ma con sfumature tragi-comiche tra le due famiglie: sarà solo la ragionevolezza e la forza del perdono e della tolleranza a scongiurare la tragedia e il dramma, in una vicenda che si complica quando il presunto deceduto viene ritrovato vivente in Svizzera e fa ritorno a casa.
Un bel film in costume diretto con passione da un attore che ama Pagnol e riesce ad immedesimarsi alla perfezione in un’epoca ormai lontana, che tuttavia riflette in modo molto attuale tematiche e problemi di integrazione e di tolleranza che non sono certo argomenti da libri di storia.
Auteuil attore sfodera tutto il proprio istrionismo e duetta alla perfezione con l’altro grandissimo Jean Pierre Darroussin, che  qui ritroviamo nuovamente come  antagonista garbato e riflessivo, come pure nel dittico successivo rappresentato da Marius e Fanny.
Un film che sa toccare le corde del cuore e portare emozione nell'animo dello spettatore, avvinto dall'epopea dei sentimenti: da un'incalzante successione di avvenimenti che solo il buon senso e la pacata riflessione che lascia il posto al sanguigno istinto animale, riesce a contrastare e infine a dominare, facendo tornare la pace e la ragionevolezza nell'animo di chi sopravvive a questo burrascoso mare in tempesta che è la vita, con il suo scorrere inquieto ed imprevedibile, pieno di insidie ma anche di bontà disinteressata e sentimenti positivi.

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