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6 giorni sulla terra

Regia di Varo Venturi vedi scheda film

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La recensione su 6 giorni sulla terra

di marlucche
8 stelle

Sei giorni sulla terra non è un film di fantascienza… sembrerebbe un’affermazione magrittiana di primo acchitto e invece è proprio il regista Varo Venturi che vuole togliere questa etichetta, capace di attrarre un folto pubblico di aficionados ma anche di stravolgere il senso di un progetto fortemente voluto per risvegliare le coscienze.
La conferenza stampa è gremita, a parlare è il Prof. Corrado Malanga studioso di interferenze aliene e le cui conclusioni sono sconcertanti.
Alla base della trama il succo di centinaia di sedute di ipnosi regressiva che svelano una realtà agghiacciante. L’umanità come esperimento genetico per ospitare una serie di entità aliene che alla stregua di parassiti ne sfruttano l’energia cercando di catturarne l’anima immortale.
Si dimentichi il tenero E.T., si può smettere di rivolgere l’occhio al cielo per cominciare a fare i conti con una realtà ben più amara… l’essere umano come “contenitore” all’interno del quale, la maggior parte del tempo inconsapevolmente, si agitano forze e volontà altre.
E quando queste forze si scatenano lo sa bene Linda Blair cosa succede… Se l’alieno che usurpa il nostro contenitore viene sfrugugliato a dovere manifesta tutta la sua intransigenza e arroganza. Dunque la (fanta)scienza incontra la religione e c’è da giurare che se in parecchi hanno il dubbio che esistano forme di vita extraterrestre sono molto meno quelli che metterebbero la mano sul fuoco sul fatto che il demonio non esista.
A livello filosofico si tratta di un’intuizione mica da poco, a livello cinematografico ne esce fuori un cross-over coi fiocchi, altro che licantropi e vampiri...
E vengo al film, preceduto da critiche scalcagnate è invece una bella sorpresa. Una produzione tutta italiana che con investimenti contenuti è riuscita a mettere su un’opera con un’identità stilistica notevole partendo da una regia niente affatto scontata, una fotografia impressionista che usa la luce come fosse un elemento di scena vero e proprio. Effetti speciali pochi ma dignitosi e sufficientemente evocativi per una storia che tiene col fiato sospeso, a tratti disturbante. Non privo di una certa ironia e con la capacità di fotografare mondi solitamente nascosti ai più, Sei giorni sulla terra si lascia vedere senza lasciare indifferenti.
Interpreti giusti, dal regista che si ritaglia la parte del prete gesuita depositario di verità nascoste passando per l’interprete principale che è una versione un po’ più fashion di Malanga, fino alla giovane Laura Glavan che si destreggia abilmente tra la parte umana e quella aliena con un’immedesimazione che difficilmente non si imprimerà nella memoria dello spettatore.

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