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La Talpa

Regia di Tomas Alfredson vedi scheda film

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La recensione su La Talpa

di PompiereFI
6 stelle

La faccenda è scottante. Una talpa russa si è infiltrata fra i più alti livelli dei servizi segreti britannici. Bisogna smascherarla al più presto, prima che fornisca informazioni preziose al suo paese. È così che entra in scena la figura elegante di George Smiley, un pezzo grosso del SIS (Secret Intelligence Service), interpretato in maniera impeccabile da Gary Oldman. L’attore è esemplare nel mettere in evidenza l’eremitaggio e la sofferenza, esibendo un fantastico volto affilato non del tutto abbattuto dal passato, e non dimentico delle amarezze e delle paure che possono nascondersi dietro ai sorrisi. Un saggio di trasformismo espressivo che raramente si vede sul grande schermo.

Ricognizione più che decorosa sui rebus della condotta umana, “La Talpa” non è poi così brillante, ne’ singolare. Nonostante si faccia carico di una serie infinita di particolari che, nell’importanza del canovaccio, rivestono un ruolo fondamentale (la pila di lettere non ancora giunte alla sua destinataria, l’ape ospite indesiderata all’interno di un’auto, il riflesso di uno specchietto per il trucco), la tecnica di ripresa esalta e ingessa allo stesso tempo l’interesse dello spettatore, a continuo rischio di evaporazione.

Così come aveva fatto per il genere horror, lo svedese Alfredson si approccia allo spionaggio non riuscendo a cogliere (se non in parte), il segno di una "ventata" di aria fresca per un genere nuovo ed elevato di spy-story, accomodandosi su dinamiche quasi romantiche che stemperano l’azione; come se si accontentasse di fare uso della tavola da surf in una vasca da bagno. Comunque la direzione è ultracontrollata e abbastanza inconsueta (le riprese dall’interno del montacarichi), rispolvera il presente dando un occhio al passato (il film è composto da vari flashback; su tutti quello della festa natalizia, che tra l’altro manca nel romanzo), e offre il fianco a una recitazione d’insieme davvero d’élite (come dimenticare i duetti tra Oldman e Tom Hardy?).

Il gusto personale mi fa preferire, nel complesso, la riduzione televisiva degli anni ’70, quella che vedeva come protagonista Alec Guinness. In quell’occasione c’era molto più spazio per elaborare certe dinamiche fondamentali nel romanzo di le Carré. Questa versione di Guerra Fredda “pentita” non mi scalda più di tanto.

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