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Tutta colpa della musica

Regia di Ricky Tognazzi vedi scheda film

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La recensione su Tutta colpa della musica

di LorCio
5 stelle

Il ritorno in (sperato) grande stile di Ricky Tognazzi (de Il padre e lo straniero se ne sono accorti in pochi) parte malissimo, nella mancanza di stile della peggiore commedia all’italiana sputtanata dalla fiction televisiva: voce off inutile, fotografia senza personalità, dialoghi ridicoli. Poi, d’improvviso, il film si riprende nel momento in cui ti accorgi che ha qualcosa da dire: Marco Messeri (promosso a protagonista dopo una lunga carriera da caratterista) scopre le delizie del coro (“un tutto che vale più delle sue singole parti”) grazie all’avvenenza stagionata di Stefania Sandrelli (preziosa come sempre, e ormai partner per antonomasia di Messeri sul grande schermo).

 

Tognazzi l’ha definito il racconto della generazione dei cinquantenni alle prese con le seconde possibilità offerte dalla vita. Ci sono molte cose che non vanno, a cominciare da un tono talora troppo legato all’estetica della fiction, con qualche didascalismo di troppo (i figli diametralmente opposti della Sandrelli, il pianista Sergio Graziani che non riesce a suonare bene un pezzo di Chopin, il basso Raffaele Pisu che dice di essere sordo ma di sentirci più di tutti) e qualche personaggio vagamente inutile (la figlia di Messeri e Monica Scattini, Arisa, che scopre la femminilità repressa) o sprecato (la moglie testimone di Geova della Scattini, peraltro tratteggiata con brio ed ironia).

 

Però, nella sua innocua leggerezza, il film a suo modo funziona, nonostante i dialoghi siano ogni tanto banalotti. Lo sfondo di Biella non è scontato e una certa graziosa umiltà si percepisce simpaticamente. Le belle ma invadentissime musiche di Carlo Siliotto sottolineano il tema (questo sì trito) del film (la musica come antidoto alle delusioni della vita), ma va apprezzato il tentativo di Tognazzi, che se fosse nato in America sarebbe stato più apprezzato che da noi.

 

È quel che si dice un film d’attori, con due note di merito allo stesso Tognazzi, che non è mai stato un grande interprete ma che sa trovare le corde giuste al suo decadente Nappo (e quando improvvisa una mossetta omosessuale a Messeri per un momento sembra suo padre Ugo nel Vizietto ed emoziona), e alla splendida Elena Sofia Ricci in un ruolo bellissimo ed amaro. Era ora che quest’attrice sottovalutatissima ritrovasse uno spazio cinematografico dopo tanta tv. Dedicato alla memoria di Daniele Formica, impegnato qui nel cameo di un assessore con tendenze omosessuali.

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