Espandi menu
cerca
Hesher è stato qui

Regia di Spencer Susser vedi scheda film

Recensioni

L'autore

scapigliato

scapigliato

Iscritto dall'8 dicembre 2002 Vai al suo profilo
  • Seguaci 137
  • Post 124
  • Recensioni 1361
  • Playlist 67
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi

La recensione su Hesher è stato qui

di scapigliato
8 stelle

Hesher, ovvero il corpo. Se Joseph Gordon-Levitt, o come dicono gli addetti ai lavori JGL – insieme a Josh Hartnett, James Franco e Emile Hirsch – è uno dei più entusiasmanti attori della nostra generazione, allora Hesher può ben essere, o almeno tentare di essere, il nostro “big lebowski”. Non siamo più in pieni anni ’90, ma c’è sempre qualche ragazzino che s’innamora del metal, si fa crescere i capelli fin oltre le spalle, magari pure la barba, jeans neri strappati, anfibi o comunque qualche calzatura pesante e l’immancabile camicia a quadrettoni sbottonata. Eppure, all’inizio del secondo decennio del nuovo secolo, ecco contro ogni moda disneyana o teen-pop, lontano anni luce dalla patinatura dei Glee e delle High School canterine – i nostri musicarelli le battono 10 a 0 – l’anti-efron e l’anti-overstreet riprende una moda fuori tempo massimo, ma pur sempre ribelle dentro e fuori, e con l’aiuto di una regia complice veste un family-drama da bad-comedy dove il politicamente scorretto non è più un’esuberanza chic per pochi radical, ma diventa realmente linguaggio narrativo. Si riappropria di una lingua e di un codice fuori discussione: il corpo.

JGL passa la quasi totalità del film a petto nudo, e buona parte del primo terzo in mutande. Sfoggia un petto antidivistico, curato con naturalezza, senza ossessioni edoniste. È imperfetto, quindi perfetto nella sua spontaneità. Anche il seminudo fa parlare il personaggio. Non indossa mutande griffate, ma mutandazze sporche e poco estetiche. Nonostante questo, le forme dell’intimità risaltano ugualmente, insieme alla sua fisicità, e diventano, insieme al verbo, l’integrità del linguaggio. Lo sberleffo alla società, i suoi rituali e le sue etichette passa dal testo come dal corpo, che è testo a sua volta.

Una grande Piper Laurie ne è una seconda conferma: grande attrice rispolverata per Twin Peaks, splendida donna ai tempi de Lo Spaccone, oggi per Spencer Susser è corpo decandete, vecchio senza gentilismi, esageratamente contrario all’immagine che dava di sé decenni prima – ma basta arrivare al 1998 di The Faculty per non distinguere i segni del tempo sotto il tailleur della glaciale Miss Karen Olson. Il suo involucro, come vecchia corteccia, racchiude però la bellezza del tempo che passa e diventa così il mezzo con cui veicolare la stessa rabbia, implosa, di Hesher, la cui rabbia esplosa deflagra letteralmente i contorni vitrei della facciata sociale. Allo stesso modo il piccolo protagonista e il suo inane padre, usano il proprio corpo come martirio. Il bambino cade, ruzzola, si schianta in continuazione, e ci appare nei titoli di testa già con un braccio ingessato. Il padre, dal canto suo, si lascia andare fino alla deformazione, anche se solo immaginata, di un corpo in putrescenza.

Su tutti però, ecco il corpo di Hesher parlare la lingua dei nervi, dei muscoletti scoperti, del pelleossa, dell’intimità esibita. JGL è l’icona indie del momento e sfoggia tutta la sua istintuale bravura per contribuire alla rottura degli schemi narrativi, delle cattiverie scontate, così che il procedimento narrativo si anticlimatizzi per regalarci singole immagini di pura poesia.

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati