Regia di Matteo Cerami vedi scheda film
Comicità, amarezza, poesia, sotto un velo, neanche tanto sottile, di spietata critica della realtà. Bentornata commedia all’italiana, con le tue figurine bieche e umanissime, le tue storie piccole piccole, la tua ferocia. Il miracolo l’ha compiuto Vincenzo Cerami, complice il figlio regista Matteo e il produttore Gianfranco Piccioli, ripescando quel Casotto di Sergio Citti che nel 1977 raccontava un’epoca, partendo dallo spogliatoio di una spiaggia libera di Ostia. Tutti al mare non è un rifacimento, men che meno un sequel, si ispira a tono e ad atmosfera, con la stessa crudele allegria parte da una battigia sul mare per mettere in scena un altro presente, il nostro. Maurizio (Marco Giallini) è un chioscarolo, e ogni giorno ne vede passare tanti, gli avventori vanno e vengono, un bestiario in mutande e maglietta che appare la mattina per scomparire nelle luci della notte. Una commedia corale dove non succede quasi nulla, ma che non smetteresti più di vedere. Merito, in parte, di un cast azzeccatissimo, tenuto insieme da Capitan Giallini, interpretazione toccante e trascinante la sua. Dal cognato Gigi Proietti, esilarante, alla madre Ilaria Occhini, intensa, figurine bieche e umanissime come tutti i passeggeri, italiani e stranieri, di questo barcone che fa crepe da tutte le parti. Merito di una sceneggiatura scritta con garbo, con una grazia che sembra d’altri tempi, un’attenzione che poco ricorda le tante commedie italiane d’oggi. Cerami scalpella la carne mezza nuda di questa nostra Italietta, e intanto si ride, e il riso lascia spazio alla malinconia, l’amarezza a un senso di tragicità incombente. Poi si ride ancora, un cavallo bianco attraversa correndo il chiosco, qualcuno si spoglia, qualcun altro muore. Un barcone di immigrati raggiunge la spiaggia, l’acqua è sempre più vicina, la sensazione di trovarti di fronte a qualcosa che non vedevi al cinema da tempo ti accompagna sino al finale. Sospeso, come uno sguardo, l’ultimo, disorientato e sfuggente.
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