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Le cose che restano

Regia di Gianluca Maria Tavarelli vedi scheda film

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La recensione su Le cose che restano

di barabbovich
4 stelle

Le cose che restano alla fine d questo film sono: due morti, due separazioni, due irachene (madre e figlia) che si ritrovano e due ragazzi che si fanno una nuotata insieme. Ma non resta nulla di quell'epopea raccontata con La meglio gioventù, film del quale quest'opera in quattro puntate per la televisione - scritta anch'essa da Rulli e Petraglia - vorrebbe implicitamente richiamarsi. Al centro della scena c'è la grande casa di una famiglia dell borghesia romana salottiera, che con l'andare del tempo si trasforma in un porto di mare. L'unione iniziale del nucleo si infrange quando il più giovane, Lorenzo (Sperduti), muore in un incidente d'auto. La madre (Giordano) va in depressione e si trasferisce in una sorta di esilio coatto in una clinica toscana. Il padre (Fantastichini), che da tempo ha una relazione adulterina con una donna più giovane, si sposta per qualche tempo in Iraq per concludere i suoi affari. Affari che piacciono pochissimo al terzogenito Nino (Balducci), neolaureato in architettura ma poco disposto a subire il retaggio della famiglia, al punto da andare a fare il manovale ingaggiando al tempo stesso una relazione con la moglie (Liskova) del suo relatore di tesi (Amato). Ed è proprio lui che, in occasione di una visita in Sicilia al fratello maggiore Andrea (Santamaria), si imbatte in Shaba (Rahouadj), una profuga irachena in cerca della figlia (Bekhti). Dal canto suo Andrea, un giramondo ministeriale che lavora nell'ambito della cooperazione internazionale, è un omosessuale che ha una relazione con un francese (Neuvic) che lui non sa essere in fin di vita e che ha una figlia piccolissima. Rimane Nora (Cortellesi), la secondogenita, psicologa alle prese con un matrimonio sbagliato, un figlio appena nato e un caso difficile da risolvere tra i suoi pazienti, dovuto a perdita della memoria. Insomma, c'è materiale sovrabbondante e debordante in queste oltre 6 ore di film durante le quali si parla di prostituzione, droga, omosessualità, guerra, morte, aborto, immigrazione clandestina, tradimento, affidamento dei figli, omosessualità, malattia e nel quale assistiamo persino a un'incursione nel poliziesco. Troppo, davvero troppo, per non suscitare il dubbio di voler accontentare qualsiasi palato, a cominciare da quello dei consumatori di polpettoni, in un registro che sembra voler continuamente vellicare il groppo in gola e cercare la lacrima a tutti i costi. Il Tavarelli di Un amore è lontanissimo.

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