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Kill Me Please

Regia di Olias Barco vedi scheda film

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La recensione su Kill Me Please

di FilmTv Rivista
8 stelle

Il Belgio è uno strano Paese. Bellissimo e diviso, un po’ come l’Italia. E, pur con un senso dell’umorismo molto diverso - lì al Nord c’è più cinismo e gusto del politicamente scorretto - sa sdrammatizzare senza se e senza ma. In più sa ridere della morte con selvaggia lucidità. Kill Me Please è una delle scoperte del Concorso del Festival di Roma 2010 e, non a caso, l’ha vinto. Un bianco e nero vivido e sporco, una fotografia che, di fatto, è una seconda regia, un cast perfetto dove tutti giganteggiano in una bizzarra prova d’orchestra. E non provate a tirare per il camice il nuovo Dr. Morte, per questo buffo Kruger che ha deciso di creare e dirigere una clinica votata al suicidio assistito e consapevole dei propri pazienti. Una buona morte, perché scelta nei tempi e nelle modalità preferite, una buona morte perché vivere - ce lo ha insegnato Mario Monicelli - è anche scegliere come e quando morire. Visto il film, come avvenne per Juno - in quel caso sull’interruzione di gravidanza - ci sarà la rincorsa ad “annettersi” quest’opera unica e geniale: i pro life (ma che dicitura è? Forse agli altri piace la morte?) troveranno nel finale un motivo di consolazione e conferma delle loro idee più o meno bigotte, i sostenitori dell’eutanasia troveranno nell’intero film un irriverente e sensibile racconto che saprà far riflettere. Ma questo è solo grande cinema, con un grande regista - Olias Barco non sbaglia praticamente nulla, e i tranelli erano tantissimi - e attori perfetti, da Aurélien Recoing a Benoît Poelvoorde, outsider raffinatissimi. La clinica in questione, clandestina, rintracciabile solo in Rete, cerca di dominare l’autodistruzione, non negandosi l’ultima via d’uscita, in caso di fallimento. E lo Stato la sovvenziona! Se Bergman con la morte ci giocava a scacchi, qui la si prende in giro, la si rispetta, la si onora e la si combatte, la si rincorre e la si fugge. E se potessimo vederla e parlarci sarebbe come quella di L’armata Brancaleone (i pazienti altro non sono che questo). Una pellicola speciale che vi farà... morire dalle risate.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 2 del 2011

Autore: Boris Sollazzo

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