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Kill Me Please

Regia di Olias Barco vedi scheda film

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La recensione su Kill Me Please

di pazuzu
8 stelle

Uno studio condotto in Canada ha valutato in 850,000 dollari il costo societale medio di ogni suicidio, da intendere come il calo della produttività del singolo individuo per gli anni potenziali di lavoro perduti, e da moltiplicare per il milione di suicidi che si verificano ogni anno nel mondo. È questa la ragione meramente economica che ha spinto il governo belga a sovvenzionare la clinica del dottor Krüger, che da parte sua (senza pubblicità, quasi in incognito, e braccato dalla finanza) si occupa di offrire un aiuto agli aspiranti suicidi, cercando in prima battuta di dissuaderli dal loro intento, per poi, se l'opera di convincimento non è andata a buon fine, offrirgli prima un ultimo desiderio, che sia un giro con una squillo o un pasto con un vino d'annata, ed infine una morte dolce e medicalmente assistita. L'intento del dottor Krüger è quindi quello di coniugare il rispetto per la scelta estrema del paziente col tentativo pressoché disperato di farlo ravvedere.
Ospite della clinica è un'umanità variamente devastata: c'è il signor Demanet, l'attore famoso che per farsi ricoverare si inventa un tumore inesistente, c'è Virgile, il depresso cronico che sogna la morte da quando a 7 anni ha provato per la prima volta a buttarsi giù da una finestra, c'è il signor Vidal, il giocatore incallito che a poker ha perso tutto (pure la moglie), c'è Rachel, soprano transessuale senza più voce che prima di morire vuole togliersi lo sfizio di cantare la Marsigliese; e con loro c'è una quantità indefinita di personaggi allo sbando, tutti completamente fuori di testa ma tutti alle prese con bisogni fin troppo umani, guidati dalla voglia di morire ma capaci ancora di aggrapparsi alla vita se la morte decide di fargli visita in maniera inaspettata, se qualcuno decide di sconvolgere i loro piani. Perché il microcosmo costituito dai pazienti del dottor Krüger sarà costretto suo malgrado a confrontarsi con lo sdegno dei bigotti abitanti del villaggio limitrofo che, scandalizzati e inferociti per l'esistenza stessa di una clinica di questo tipo, decideranno di fargli la guerra nel senso più pieno del termine.
Dopo il fallimento della prima prova sulla lunga distanza (Snowborder, del 2003), la carriera del giovane regista francese Olias Borca sembrava esser giunta prematuramente al capolinea: constatata la diffidenza dell'ambiente e la conseguente impossibilità di farsi produrre in patria il secondo film, Borca s'è visto costretto ad emigrare in Belgio. Lì è nato Kill Me Please, minuscola coproduzione franco-belga girata con pochissimi mezzi, in 3 settimane, in bianco e nero, senza musica, e con attori al minimo sindacale (o con una quota di partecipazione nel film), ma capace di sbancare il Festival Internazionale del Film di Roma 2010, portandosi via sia il Marc'Aurelio d'Oro al miglior film (assegnato dalla giuria) che il Mouse d'Oro (assegnato della critica cinematografica online) e la Farfalla d'Oro (assegnata da Agiscuola).
Quella di Barco è una commedia nera violenta e scorrettissima che non fa prigionieri, in cui il suicidio è nulla più che una delle opportunità che la natura ha concesso all'uomo, e che questi, come si fa per ogni scelta sentita e meditata, porta avanti con zelo e abnegazione: e sono proprio lo slancio e la convinzione con cui i protagonisti del film anelano alla morte a dare alla pellicola la marcia in più, a farla progredire con passo sicuro sul crinale di un nichilismo grottesco surreale e senza scampo, e a rendere plausibili anche quelli che altrimenti sarebbero percepiti come eccessi o forzature.
Kill Me Please
è un film laico ed anarchico che se ne frega delle questioni etiche sulla liceità morale del suicidio e dell'eutanasia, anzi, a chi se le pone risponde serrando i denti in un ghigno sardonico e sprezzante.
Kill Me Please è un'opera buffa e orgogliosamente distante dal sentire comune, che ha l'irriverenza di liberare la morte da ogni parvenza di sacralità, decidendo semplicemente di riderci su, senza salire in cattedra e senza pontificare.
Ispirato alla realtà di una clinica privata svizzera, la "Dignitas" (titolo originario del film, poi cambiato per ragioni legali), che dal 1998 fornisce assistenza medica per l'eutanasia, Kill Me Please è un film sinceramente irriverente e candidamente sovversivo, un lungo scherzo macabro e divertente servito da una solida sceneggiatura in crescendo (scritta dallo stesso Olias Barco con Virgile Bramly e Stéphane Malandrin, rispettivamente Virgile e Steve nel film) e da attori convinti e convincenti (notevole Bouli Lanners nel ruolo del signor Vidal, forse il più pazzo del branco), nobilitato da dialoghi spesso esilaranti, fotografato splendidamente (da Frédéric Noirhomme) in un bianco e nero granuloso e sporco d'altri tempi, e sublimato da un finale corrosivo e beffardo.
Kill Me Please è un film lucidamente folle, e Olias Barco un bello spirito libero: speriamo si conservi.

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