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Silent Souls

Regia di Aleksei Fedorchenko vedi scheda film

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La recensione su Silent Souls

di FilmTv Rivista
8 stelle

Il frullo dei passeri come canto di morte, malinconica elegia per una cultura già scomparsa e suggestivamente reimmaginata da Aleksei Fedorchenko, maestro della commistione tra reale e fantastico, in una delle più belle pellicole della Mostra del Cinema di Venezia 2010. Il regista siberiano ha lavorato come tecnico in un’industria di progetti di difesa spaziale, quindi è stato economista dello Sverdlovsk Studio dove ha presieduto alla realizzazione di numerosi documentari. Coniugando queste esperienze esordisce nel lungometraggio con il mockumentary First on the Moon, premiato a Venezia Orizzonti nel 2005, dove si “ritrovano” documenti sulle dimenticate vittorie sovietiche nella corsa allo spazio. Il successivo The Railway, visto al Festival di Pesaro, è un viaggio ferroviario e allegorico punteggiato da incontri surreali. Dai binari alla strada, Silent Souls è un film on the road su due amici, Miron e Aist, diretti alle sponde del Volga per incenerire e disperdere i resti di Tanya, la donna amata da entrambi ma mai interamente avuta da nessuno tra loro. Tutti i personaggi appartengono all’etnia ugrofinnica merja, da tempo assimilata dagli Slavi russi, di cui Fedorchenko reinventa i miti basandosi su tradizioni antiche e decadute dei popoli della zona. «I merja non hanno dèi, solo amore l’uno per l’altro». Li si immagina poco appariscenti, come gli ovsyanki del titolo originale, una specie di passeri molto comuni in Russia e amati dal protagonista che se ne porta una coppia in auto. Con lunghe inquadrature, Fedorchenko intesse una lirica acquatica – non senza rimandi a Tarkovskij – il cui ritmo fluido e costante trova passaggi indimenticabili, come la preparazione del cadavere di Tanya. Morte e vita: «Il corpo vivo di una donna è un fiume che porta via il dolore. È un peccato non ci si possa affogare». Spetta all’acqua di richiamare i merja tra le loro memorie e così il progetto di Aist, di preservarne l’identità, abbraccia la propria sparizione nella corrente eterna del Volga. «Solo l’amore non ha fine».

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 12 del 2011

Autore: Andrea Fornasiero

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