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I baci mai dati

Regia di Roberta Torre vedi scheda film

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maurizio73

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La recensione su I baci mai dati

di maurizio73
6 stelle

Riservata e dolce tredicenne della disagiata periferia catanese, si divide tra una occupazione precaria presso una eccentrica maga-parrucchiera e il turbbolento menage familiare di genitori in crisi coniugale ed una sorella maggiore svagata ed egoista.
Rivelatasi attendibile la visione che confessa di aver avuto sul luogo ove è stata occultata la testa di una statua della madonna danneggiata da alcuni ragazzi del posto, diviene oggetto di venerazione presso il vicinato, solleticando le brame economiche della procace e disinvolta genitrice che ne vuole sfruttare l'immagine di piccola santa laica.
Nel tentativo di restituirci il senso di una contraddizione sociale che fluttua sul confine ondivago tra modernità ed il retaggio di superstizioni arcaiche, tra le esigenze spirituali di una dimensione di speranza e le miserie materiali di un endemico disagio economico,tra sacro e profano, la regista milanese, ma palermitana di adozione, affronta una trasferta catanese per questo piccolo film indipendente che strizza l'occhio alle vellità metaforiche del cinema italiano più recente (vedi il riuscitissimo 'E' stato il figlio' di Daniele Ciprì) senza però emanciparsi veramente dai limiti di scrittura e messa in scena della fiction televisiva nostrana. Laddove il registro riesce a mantenersi sapientemente sui toni dolceamari di una ironica trasfigurazione di una realtà sociale e culturale profondamente degradata, il film soffre di un irrimediabile bozzettismo che finisce per sminuirne valori e significati, riducendo la folla di personaggi e situazioni che si stagliano nell'afoso e soffocante scenario di una periferia cementificata come le cartonate immagini bidimensionali delle fantasie pop della sua giovane protagonista. Più spiazzante laddove il racconto (o meglio la favoletta) sociale lascia il posto alle fulminanti divagazioni oniriche di un colorato immaginario felliniano (la fattucchiera-parrucchiera di Piera degli esposti, le indolenti fantasticherie sentimentali di una graziosa adolescente, il vivace storyboard dei titoli di coda), diventa banale e inconcludente nella manifestazione di un 'senso del sacro' che vorrebbe essere un rimedio alle carenze affettive e sentimentali di un'adolescenza frastornata, equivocando volutamente tra abuso della credulità popolare e sorprendente irruzione della misericordia mariana, tra gli effetti collaterali di una involontaria (auto)suggestione e gli imponderabili percorsi della volontà divina. Storia tutta (o quasi) al femminile presenta la divertente galleria di un singolre bestiario umano tra coiffeur dal 'tarocco' facile a spregiudicate madri-impresarie, da sante in formato tascabile a miscredenti sgallettate cieche fulminate (miracolate) sulla via di Damasco, da parroci venali amanti degli oggetti d'arte a cinici politicanti corruttrici di minorenni. Brave le protagoniste principali da una Finocchiaro procacemente sopra le righe alla freschezza intonsa dell'esordiente Carla Marchese. Finale sdolcinato e stiracchiato. Sovvenzionato con una indebita iniezione di contributi pubblici è stato presentato nella sezione Controcampo Italiano alla 67ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia e surrettiziamente selezionato al al Sundance Festival di Robert Redford. Miracolo a Librino.

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