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L'immortale

Regia di Richard Berry vedi scheda film

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La recensione su L'immortale

di mc 5
10 stelle

Premessa. Questo film è legato ad un uomo di cinema (Luc Besson, qui presente in veste di produttore) che ho sempre detestato, in quanto portatore di un'idea di cinema a cui posso collegare solo aggettivi quali: muscolare, rozzo, greve, grossolano, superficiale. Non che il mio giudizio abbia subito mutamenti radicali, perchè è chiaro a tutti che Besson resta regista di grana non proprio finissima, però negli ultimi anni qualcosa dev'essere cambiato in lui (o in me?), chissà. E' ancora tristemente vivo (e lacerante) in me il ricordo di quel "Io vi troverò", produzione targata Besson del 2008, pellicola destinata a rimanere nella mia memoria cinefila come la più fascista e reazionaria mai vista dal sottoscritto. Però proprio poche settimane fa è uscito l'ultimissimo film diretto da Besson, "Adele e l'enigma del Faraone", una sorta di horror per bambini, che personalmente mi sono perso ma di cui amici mi hanno detto un gran bene e che quasi tutta la critica ha accolto come opera convincente e riuscita. A quel punto allora mi sono riproposto di non perdermi l'ultima sua produzione, "L'immortale", che peraltro avrei visto in ogni caso dato che rientrava in un genere -il noir- da sempre tra i miei prediletti. E mi sono trovato davanti ad un polar memorabile, che mi ha suggestionato ed esaltato. E allora ho formulato una teoria. Besson è cineasta discontinuo, forse perchè animato da una spiccata componente "mercenaria", nel senso che egli si mette al servizio (producendoli) sia di prodotti validissimi sia di pellicole dozzinali: l'importante per lui, credo, è che abbiano comunque un potenziale commerciale tale da convincerlo a "metterci i soldi". Dunque ho sbagliato a giudicarlo in passato come cineasta reazionario: diciamo che il solo colore che gli interessa, se vogliamo fare una battuta, è quello dei soldi. E non lo biasimo moralmente certo per questo, se poi gli càpita di produrre anche un noir potente come questo di cui vado a riferire. Intendiamoci, "L'immortale" non aggiunge nulla di nuovo all'immaginario del noir francese. Ma possiede il pregio di prenderne il meglio ed assemblarlo in modo autorevole e "definitvo". In pratica, infatti, sono presenti tutti gli elementi del classico noir poliziesco ma tutti appaiono rafforzati, "dopati", estremizzati, sortendo l'effetto di procurare emozioni forti allo spettatore. E non mi riferisco solo alla violenza di alcune sequenze, ma soprattutto  alla forte intensità complessiva dell'opera che genera un impatto quasi disturbante. La vicenda è quella di un anziano capo di una "corrente" mafiosa marsigliese, ormai giunto alla soglia della pensione, e propenso ad appendere la pistola al chiodo per dedicarsi alla famiglia e in particolare all'adorato nipotino. Ma in una mattinata piena di luce, mentre sta parcheggiando in un'autorimessa sotterranea, viene crivellato da 22 colpi di pistola. Se la cava per miracolo, anche se ne esce mezzo rovinato. L'agguato è il frutto di un regolamento di conti tra gangsters, quei giochi di potere che chi ama questo genere di noir può facilmente immaginare. E qui si innesta una storia d'amicizia che viene da lontano, evocata attraverso un flashback in cui vediamo Charly (questo il suo nome) che stringe (poco più che adolescente) un patto d'onore con altri due giovani aspiranti gangster che gli saranno poi a fianco negli anni a seguire, condividendo con lui imprese criminose sullo sfondo di una Marsiglia teatro di una malavita molto agguerrita e ben organizzata. Quei due suoi compari, come vedremo, si comporteranno in modo non esattamente virtuoso nei confronti di Charly, ma preferisco non entrare nel dettaglio per non rovinare la visione di questo magnifico noir. Il film dura due ore, intense e vibranti, in cui non vi è spazio per la noia, poichè la marcia della vendetta di Charly è scandita da un ritmo inesorabile. Vorrei aggiungere per quanti si aspettano un film-fotocopia di tanti altri di questo filone, che qui sono presenti alcune carte vincenti. Per esempio una sceneggiatura di ferro, un montaggio ineccepibile, dialoghi secchi e brillanti, ma soprattutto un parco-attori perfetto. A questo proposito (e del resto non poteva essere diversamente, dato che regista e co-sceneggiatore dell'opera è un attore sopraffino come Richard Berry), va rimarcata la scelta di avere selezionato per il film tutte facce straordinarie, tutte, in particolare i caratteristi: tra i componenti della gang che dichiara guerra a Charly appaiono volti impagabili, molti dei quali suppongo appartengano a caratteristi navigati. Il protagonista conduce la sua inarrestabile vendetta giocando una partita tesissima con il suo ex compare che ha deciso di farlo fuori, essendo i due divisi su tutto, ma principalmente su uno sguardo morale nei confronti della malavita: Charly ha dei princìpi etici molto fermi, pur nel suo muoversi al di là della legge, mentre il suo rivale è spietato, avido ed avulso da ogni regola morale. Altro elemento tradizionale del classico polar è il carattere dolente e malinconico attribuito ai due personaggi chiave del film, vale a dire sia lo stesso Charly sia la poliziotta che lo insegue, la quale però si muove sul filo di una condotta ambigua, in quanto entrambi accomunati da una visione dell'umanità e in fondo mossi dai medesimi umani sentimenti. E veniamo al formidabile cast. Tra una sterminata produzione di noir francesi, è infatti un gigantesco Jean Reno a fare la differenza, assolutamente nel solco dei superbi "duri" del passato, da Jean Gabin a Lino Ventura. E non gli è da meno un grandissimo Jean Pierre Darrousin, popolare attore francese di versatilità estrema, che peraltro molti di noi hanno conosciuto attraverso le opere di un regista "difficile" come Robert Guediguian. Anche il regista Richard Berry si ritaglia una particina da malavitoso, resa  tuttavia incisiva dalla sua "maschera" da attore di lungo corso. Sorprende in positivo poi cogliere l'inedita deriva drammatica di un attore come Kad Merad, finora noto solo nei panni di interprete comico (era il mattatore di "Giù al Nord"). Quanto poi alla poliziotta, l'attrice che la interpreta, Marina Fois, è efficacissima nel dare vita ad un dolente personaggio tormentato da dubbi e rimorsi, e poi anche come donna l'ho trovata dotata di un fascino femminile trattenuto e molto insinuante. Da segnalare infine un brevissimo cameo di Venantino Venantini, indimenticabile volto del cinema italiano di genere (e non solo), attore capace di prestare il suo talento ai cineasti più lontani, da Lucio Fulci a Claude Lelouche. Uno dei noir più massicci e potenti che abbia mai visto. Solo una considerazione, scontata...Noi italiani non possiamo e/o non vogliamo fare un film del genere...Ci mancherebbe altro.
Voto: 9/10

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