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Il viaggio di Jeanne

Regia di Anne Novion vedi scheda film

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La recensione su Il viaggio di Jeanne

di giancarlo visitilli
4 stelle

Freddo e algido come il paesaggio della Scandinavia, il film di Anna Novion. Nonostante si tratti di un racconto di formazione, il cui pretesto é una vacanza in una delle più belle terre del continente, fra paesaggi mozzafiato, di un padre e di sua figlia, alla ricerca del tesoro del vichingo Johannes Oberg. Da anni, la giovane Jeanne festeggia il suo compleanno con il padre Albert in una nazione europea diversa. Ma in occasione del suo diciassettesimo compleanno, la tappa designata è la Svezia. Lui munito di un rudimentale metal detector, lei con la voglia di divertirsi e di trovare un ragazzo, arrivano nell’appartamento che hanno affittato, ma per un disguido sulla prenotazione i due saranno costretti a condividere il tetto con la proprietaria di casa Christine e la sua amica Annika. Questa forzata convivenza porterà i personaggi di questo quartetto improbabile a riflettere sulla propria vita e guardare verso il futuro con un occhio nuovo.

La poesia intimistica ed ermetica qui ha il sopravvento. L’umanità è silente e lenta nei movimenti, perché sofferente. Se c’è chi, come nel caso dell’adolescente, scoprirà la propria identità, non si può ignorare lo ‘strano’ personaggio del padre-padrone (bravo come sempre Darroussin), ancora ferito dall’abbandono della moglie.

Molte le metafore, qualcuna anche di grande impatto visivo, come la distruzione del cadavere di una mosca. Se da una parte l’incontro-scontro tra la coppia padre/figlia e le due amiche che occupano la casa è il pretesto per equivoci e situazioni esilaranti, dall’altra si sviluppa un’introspezione psicologica dei personaggi che spinge ad un’analisi sul tema della crescita. Infatti, i due protagonisti, all’inizio della loro storia, sembrano non mostrare alcun segno di maturità. Se la ragazzina vuole forzare le tappe della sua stessa vita, tentando di raggiungere direttamente la maturità, suo padre mostra altrettanto infantilismo nella convinzione di trovare il tesoro del vichingo.   

Dopo tre cortometraggi, la regista franco-svedese, Anna Novion, esordisce nel lungometraggio con questa commedia, che mette a confronto diverse generazioni, attraverso personaggi che evolvono durante la narrazione. Maturando solo alla fine. Nonostante a Jeanne è lasciato ancora del tempo, per fare l’esperienza della sua crescita. Infatti, i suoi occhi, malinconici ma allo stesso tempo splendenti sicurezza, sono l’espressione di chi ha capito che non bisogna bruciare i tempi. Ispiratasi alla pittura danese, a cavallo tra XIX e XX secolo, per i toni pastello e i personaggi ripresi di spalle, in modo da stimolare l'immaginazione, la Novion abbozza solamente, non approfondendo affatto le dinamiche che si insinuano fra i personaggi. Apprezzabile la durata del film (84 minuti al cinema, oramai, sono razza rara), ma il ritmo eccessivamente blando e qualche banalità di troppo rendono, comunque, il racconto davvero prevedibilissimo.

Giancarlo Visitilli

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