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Il segreto dei suoi occhi

Regia di Juan Josè Campanella vedi scheda film

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La recensione su Il segreto dei suoi occhi

di FilmTv Rivista
8 stelle

Molti hanno storto il naso all’Oscar a Juan José Campanella, ma il regista argentino, maestro sconosciuto in Italia - dove è stato distribuito solo il suo candidato all’Oscar 2001 Il figlio della sposa -, ha il talento e il coraggio di chi affronta il cinema nella sua essenza, immergendosi nei suoi generi senza timore di sovvertirli e di giocare anche con se stesso, con i suoi film sentimentali che s’ammantano d’impegno. Il segreto dei suoi occhi, tratto dal libro La pregunta de sus ojos di Eduardo Sacheri, è il suo capolavoro, un lavoro che porta a capo la sua carriera e la sua poetica, che riassume ed esalta le sue qualità. Non a caso prende i suoi attori migliori, Riccardo Darín e Soledad Villamil (già nel suo El mismo amor, la misma lluvia), e rende ancora centrale nel racconto Avellaneda e lo sport, come nel bellissimo Luna de Avellaneda, film sentimentale che ci racconta la recente bancarotta fraudolenta del suo Paese. Qui due ore e dieci passano in un soffio perché ci sciogliamo nel suo melodramma, ci esaltiamo in quelle indagini naïf, ci indignamo per una Storia che si sta compiendo, inesorabile. Nasce come un noir: 1975, il cadavere della splendida Liliana Coloto (Carla Quevedo) chiede giustizia, 30 anni dopo si chiuderà il caso, riscritto (e riletto) in un libro. Lì c’è la comicità eroica e il genio vizioso di Sandoval (Guillermo Francella), la malinconia (in)dolente e idealista di Benjamin Esposito (Darín), la bellezza fiera di Irene Menéndez Hastings (Villamil), l’ossessione di Morales, il vedovo. E c’è l’Argentina che sta diventando l’inferno dei desaparecidos ben prima dei militari. E così nel vedere l’orrore prima che esploda agli occhi tutti, scorgi Il nastro bianco; in quel libro che spia il presente e il passato, Le vite degli altri; in uno dei sottofinali, l’amore implacabile di Sweeney Todd. E questo grazie a una sceneggiatura, a una fotografia e a una regia dallo stile classico e audace come i suoi piani sequenza. Tutto per dirci che il delitto più grande è uccidere l’amore. E poi sopravvivergli.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 22 del 2010

Autore: Boris Sollazzo

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