Regia di Micha Wald vedi scheda film
Da Louise-Michel a Simon Konianski, ecco lo stile Fandango: originale, politicamente scorretto, raffinato e popolare. Simon Konianski (Jonathan Zaccaï, da applausi), è un ebreo ateo e filopalestinese. Ed è il protagonista di un ritratto di famiglia on the road di tre generazioni di ebraismo: quella dei lager, quella del pacifismo laico e dell’Israele terra promessa e non mantenuta, e quella di un bimbo con una mamma “goy” (non ebrea). Il pretesto del viaggio è che papà Konianski (Popeck, incontenibile anche da morto) nelle sue ultime memorie ha chiesto all’(in)dolente Simon un viaggio in Ucraina per seppellire clandestinamente la sua salma accanto al primo amore Sarah e non con la moglie. Un cinema della diaspora generazionale e religiosa che si fa geografica, quello che ha Dani Levy e quel geniaccio di Moni Ovadia come alfieri. È il binario parallelo di un cinema israeliano in grande salute, che riflette (su) se stesso con dialoghi al vetriolo e un’autoironia spiazzante. Micha Wald pesca con talento dalla sua autobiografia e dal suo complesso d’Edipo (con il padre ingombrante, con il figlio e con la madre patria, quale essa sia), e in una macchina scalcagnata come i suoi personaggi non ci e si risparmia nulla.
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