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Solomon Kane

Regia di Michael J. Bassett vedi scheda film

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La recensione su Solomon Kane

di ROTOTOM
6 stelle

Robert E. Howard scrittore texano morì suicida nel 1936 dopo aver consegnato agli appassionati la creatura più famosa della storia del fantasy, Conan il barbaro divenuto popolare grazie ai fumetti della Marvel e alla trasposizione cinematografica  di John Milius nel 1982 con  Arnold Schwarzenegger, e il meno famoso ma più amato dal suo autore (almeno così dicono le cronache) Solomon Kane, pirata nero compagno d’arme di sir Francis Drake e poi passato in proprio a risolvere i suoi problemi con gli infedeli spagnoli prima e direttamente col Diavolo poi.

Ambientato della regione inglese del Devonshire, una delle più piovose della terra a quanto si vede nel film,  Solomon Kane è un action puro nel quale l’eroe si riscatta da una vita dedicata al male per divenire un uomo di pace. Purtroppo il Diavolo in persona è da tanto tempo che reclama la sua anima cedutagli in un antico patto non rispettato e fa di tutto per attirarlo in una trappola mortale. Il male ha preso possesso delle terre dell’ex regno da cui l’eroe proviene e governa depredando i villaggi dei  contadinelli perpetrando le più turpi violenze  sotto una insistente, infinita, tormentosa pioggia. L’integerrimo Kane dovrà sguainare di nuovo la spada per combattere la minaccia demoniaca e salvare il suo regno dalle tenebre . Gli ingredienti del fantasy classico ci sono tutti, c’è il bene contro il male  che divide i contendenti in belli e brutti così da essere facilmente riconoscibili; c’è la donzella in pericolo; c’è la strega; c’è il castello e il regno con il male personificato; c’è la cappa, la spada e i duelli; c’è il re e la faida famigliare.

 Il fantasy è la declinazione fantastica del periodo più oscuro della storia umana: il medioevo, zona franca di misticismo e religione, luogo del tempo in cui i mostri della mente umana prendevano forma per tormentare i miseri uomini e sottometterli. Qui siamo nel 1600, il nuovo mondo è già stato scoperto e i coloni si imbarcano verso vite più luminose, nell’Inghilterra elisabettiana però frange di superstizioni medievali e terrori mistici ancora non si arrendono alla luce.

Nonostante sia una produzione tutta europea “Solomon Kane” importa l’estetica coreografica dei combattimenti dalla trilogia dell’Anello: ralenty a profusione, poco sangue e violenza accennata per un prodotto pensato per tutti anche se la cupezza della vena horror che la storia si trascina dietro tenta di farsi largo con qualche invenzione  originale per poi essere tenuta a bada con consapevole pudore. Il budget limitato rispetto alle omologhe pellicole hollywoodiane circoscrive all’essenziale l’uso degli effetti speciali risparmiati per il gran finale e si concentra più sui combattimenti  e sull’evoluzione del personaggio interpretato da James Purefoy, somigliante per fisicità a Hugh Jackman in maniera quasi sospetta. Pete Postlethwaite è invece il colono la cui famiglia viene trucidata dagli sgherri demoniaci del crudele stregone Malachia capitanati da un cavaliere nero in maschera fetish che ricorda nella rigidità e nella crudeltà il Darth Vader di guerre stellari. Casco a parte.

“Solomon Kane” risulta essere un ibrido tra il “vorrei” delle potenzialità del personaggio e il “non posso” del budget e soprattutto di una sceneggiatura scritta col piede sinistro che raggruppa un po’ di episodi dei racconti originali legandoli tra loro con lo sputo e lo spago. Concentrato com’è sulle parti action,  il regista Michael J. Bassett, anche autore dello script, delinea con pochi tratti la personalità  complessa e tormentata di  Kane banalizzandola in uno scontro bene-male in cui i nomi di Dio e Cristo vengono spesi con leggerezza trasformando le icone in simboli di vendetta nel nome del Bene e incarnando il Male nella confusa identità del Diavolo rappresentato dai suoi emissari brutti, sporchi (di fango, Dio come piove…) e cattivi, reclamante anime con l’ottusa, immotivata perseveranza di un esattore di Equitalia con il canone Rai scaduto.   La drammaturgia non aiuta,  certi dialoghi sono da fiera della banalità e gli sviluppi narrativi a parte qualche invenzione visiva, scontati al due per tre dei saldi estivi ai quali questo prodotto, nell’urgenza di incassare prima di sparire, si riferisce.

Il personaggio letterario di Solomon Kane nelle sue imprese sparse per il mondo, incarna l’alter ego del suo  creatore al quale sono delegate le fantasie di avventura e di conoscenza che mai lo scrittore si concesse realmente,  trascorrendo una tranquilla vita stanziale nella propria contea fino alla morte.  Solomon Kane è per Robert E. Howard il Dean Moriarty di Jack Kerouac o il Sandokan di Salgari con il quale compete per la fervida fantasia con la quale ricreò in maniera estremamente convincente luoghi sia esistenti che totalmente inventati.

 L’animo solitario di Howard incontrò una lunga e fedele amicizia epistolare con lo scrittore americano H.P.Lovecraft con il quale non si incontrò mai ma del cui “Ciclo di Cthulhu” fu fortemente influenzato, contaminando con le visioni orrorifiche generate dal Solitario di Providence gran parte della propria produzione letteraria. Cosa rimane di tutto questo nel film? La certezza di due seguiti già in pre-produzione e in ogni caso un divertimento leggero leggero adatto come pretesto a rifugiarsi nelle sale con aria condizionata durante le torride serate estive. Forse Mastro Kane avrebbe meritato qualcosa di più.

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