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Quella sera dorata

Regia di James Ivory vedi scheda film

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La recensione su Quella sera dorata

di leporello
4 stelle

Anzitutto… quale sera dorata? Ne avete vista una nel film? Saran stati mica quei 2,65 secondi d’inquadratura a un cielo di stelle (che lo sa fare uguale identico mio nipote di 8 anni col Photoshop crakkato)? Il titolo originale  inglese (al solito,  e qui di più) “The city of your final destination” raddrizza  almeno di una delle mille cose storte del sempre più storto James, e nemmeno poi tanto se si considera che la “city” di destinazione altro non è che una landa popolata di butteri uruguayani con dentro una gran bella villa, un giapponese fuori posto (e un tantino pure fuori squadro), sabbie mobili diffuse e un paio di pifferi piuttosto stonati. Del resto che si ritrova a “Ochos Rios” (così si chiama la “city”, e se ne fosse visto mezzo degli otto fiumi garantiti…), abbiamo il solito Hopkins al-si-sopra-di-ogni-sospetto, gagliardo come al solito, una Laura Linney unica credibile del cast, che riesce a ribaltare il pathos rendendo simpatico il personaggio deputato ad essere l’antipatico della storia, una Charlotte Gainsburg trascinata nel baratro dalla vocina stridula della Selvaggia Quattrini (figlia d’arte della famosa Paola)  grazie alla quale il viso e il fisico scorbutico dell’attrice francese rimandano inquietantemente ai cartoni animati lisci e puliti di Heidi (mossa diabolicamente fuori sincrono) e, dulcis (dulcis?!?!?) in fundo, un Omar Metwally per inventarsi il quale il vecchio, sempre più storto James, deve essersi ispirato agli spot dell’Avacomelava e del suo protagonista Calimero.  Stupido e nero.   Si stenda infine un pietoso velo sulla rumena Alexandra Maria Lara (ma esiste davvero una con un nome simile?!) nel marginale ruolo della improbabile ragazza/carabiniere del Calimero debitamente sponsorizzata dalla Apple Computer e da Expedia (nel film si chiama Didre… ma davvero esiste un nome simile?!) e il piatto del cast l’è bell’e che cotto. Sceneggiato arterioscleroticamente (ma io dico… si può? ma si può far le valigie, andare e tornare da New York a Ochos Rios come fosse spostarsi dal Colosseo a Piazza Navona???) , montato come nemmeno gli animali dei butteri sanno montare, un prologo ed un finale che fanno rancidamente da sanwich a un contenuto andato a male prima ancora di essere commercializzato, gonfio di idee bislacche (il coma da puntura d’api e la gondola-en-la-pampa sono niente male) e privo di ogni credibilità, la chicca delle chicche arriva coi sottotitoli inglesi che improvvisamente appaiono pure sulla pellicola doppiata allorquando i personaggi germano/statunitensi si trovano ad affrontare alcuni dialoghi con i locali ispanici, mentre ogni cosa continua a parlare il più perfetto e impostato italiano dello squadrone dei nostri (benemeriti?) doppiatori, ca va sans dire.
“Camera con Vista” e “Casa Howard” sono lontani anni luce. La stessa distanza che conviene mantenere da questo film e, probabilmente (visti gli ultimi lavori) dal buon vecchio James.

                

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