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Fantastic Mr. Fox

Regia di Wes Anderson vedi scheda film

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La recensione su Fantastic Mr. Fox

di mc 5
10 stelle

Stroncato mortalmente dalla visione di un film pesante e magniloquente, pretenzioso ed interminabile come "Agora", avevo la necessità di rigenerarmi attraverso un piccolo grande film semi-indipendente come quest'ultima deliziosa e leggera opera firmata dal "maghetto" Wes Anderson. Alzi la mano chi si aspettava da Anderson un film coi pupazzi animati. Siamo tutti stati colti di sorpresa. Anche se poi, pupazzetti a parte, lo stile di Anderson dentro questo film c'è proprio tutto. Un film coerente con l'ecletticità visionaria che ci è nota di questo regista, una riproduzione del suo stile tra il surreale e il bizzarro, anzi qui la sua genialità nonsense, anche grazie all'utilizzo di queste straordinarie "maschere animalesche", trova la sua applicazione ideale e perfetta. Ormai per chi si cimenta col cinema d'animazione si pone l'obbligo di una scelta di campo. O si sceglie di intrattenere le famiglie (anche su standard lussuosi come fa con successo la Dreamwoks) oppure si punta a quella qualità autoriale poetico-letteraria (Pixar, ovviamente!) che apre le porte verso il Grande Cinema, comprese le eventuali candidature all'Oscar. E a questa seconda scuola va associato sicuramente il film di Anderson, fermo restando, va da sè, che il suo budget è infinitesimale rispetto alla potenza dei blockbuster pixeriani. Curioso personaggio, Wes Anderson, che rispecchia per certi versi il suo modo di fare cinema. Lui, se lo osservate durante le interviste, ha sempre quest'aria tra il damerino e il nerd, tra il fighetto e l'intellettualino snob. E si può dire che con questo aspetto esprime quell'idea di cinema che i suoi detrattori gli contestano, cioè un cinema composto di piccoli vezzi ricorrenti, un mondo in miniatura fatto per lo più di piccoli manierismi, così come gli arredamenti old style di molti suoi interni che paiono rispecchiare un'idea reiterata, leziosa e sciocchina, di un universo che mutua la sua estetica da certe favole eleganti ma demodèe. Ebbene, tutto questo, ciò che i suoi detrattori vogliono declinare al kitsch, è a mio avviso il suo punto di forza ed è proprio ciò che mi ha fatto innamorare dell'assoluta UNICITA' di questo brillantissimo cineasta. Caso di genio creativo coniugato con originalità bislacca. Tutte le sue opere evidenziano quale sia il suo nemico numero uno: la Banalità. Coi "Tenenbaum" ha quasi creato un genere, ha delineato (dando forma a tutta una serie di personaggi) una frontiera estetica-espressiva che ha fatto scuola, se è vero che -dopo tanti anni- perfino un Salvatores vuole evidenziare di avervi tratto chiara ispirazione. Ma anche, volando forse più basso, quel gioiellino avventuroso e freak che era "Il treno per il Dajeerling", per tacere poi degli abissi marini del super cult "Steve Zissou", insomma tutta la sua produzione testimonia di un regista delizioso, che sa mescolare amabilmente nostalgia, malinconia, grottesco e nonsense in un mix personalissimo e soprattutto inimitabile. Anzi, per la precisione, se mi guardo intorno, scorgo altri due cineasti teoricamente affiancabili ad Anderson nel nome di una ipotetica crociata contro il cinema banale: Michel Gondry e Spike Jonze. Tre registi che adoro, tre artisti di cui sono deciso a vedere ogni nuovo lavoro a scatola chiusa, con la certezza che la banalità non vi avrà mai cittadinanza. Che Dio ce li conservi sempre, Spike, Michel e Wes, questi tre adorabili "fighetti psichedelici". Quel che si va dicendo in giro degli ultimi prodotti Pixar, cioè che i bambini si divertono molto meno degli adulti, qui è in larga parte riscontrabile. Limitati sono gli espedienti spettacolari atti a generare l'ilarità del pubblico infantile e infatti siamo di fronte ad una sorta di "fiaba intellettuale" e a tratti anche piuttosto fredda. La grana, insomma, è troppo fine perchè si possa pensarlo come prodotto di prevalente intrattenimento. Il messaggio veicolato dal film è in fondo semplice, ma la tecnica del racconto, le allegorie, la forma, il linguaggio, le sfumature, tutto concorre a farne un'opera raffinata e che implica una lettura sotto certi aspetti impegnativa. Okay, un bambino vede gli animali pelosi e buffi, e fin qui ci siamo, ma questi animali parlano troppo, ragionano troppo, e il suddetto bambino è inevitabile che s'annoia. Ma per l'adulto cinefilo è una gioia vedere quest'esplosione d'acume, di intelligenza, questo sviscerare l'intima natura degli animali protagonisti, per poi leggere nei loro comportamenti meccanismi che attengono a valori universali e, dunque, anche di noi umani. E' un piacere sottile godere della soave ironia che avvolge ogni frase e ogni pensiero di questi animaletti, un umorismo finissimo che si insinua anche nei momenti più "drammatici" (si fa per dire) della vicenda. Come dicevo, questo non è un film d'animazione classico, di quelli che riempiono le multisale. E, come volevasi dimostrare, si sta rivelando al botteghino nazionale come un mezzo flop, forse addirittura danneggiato da un possibile passaparola negativo di chi s'aspettava il solito blockbuster. Sono presenti nel film soluzioni visive e dettagli estetici davvero interessanti, sui quali non posso qui dilungarmi: pensiamo per esempio a come viene rappresentata la città, coi suoi negozietti e angolini vari. La trama è piuttosto semplice, come tutti i racconti di estrazione fiabesca, ma la lettura in sottotraccia e i valori che la vicenda veicola fanno del film un'opera di elevata consapevolezza morale. Protagonista una famiglia di volpi: Mr. Fox (il capofamiglia), la moglie (matura e riflessiva), il figlio (che tutti definiscono "diverso" per la sua indole inquieta e un pò scontrosa), un cuginetto di passaggio chiamato Kristofferson. Questo il nucleo famigliare, a cui va aggiunta una moltitudine di altri personaggi: l'opossum amico di famiglia (a cui ogni tanto si "appannano" gli occhi e cade in trance), l'avvocato, un topo bullo e aggressivo (che fa da guardiano alla cantina del sidro), ma soprattutto loro, i tre minacciosi fattori, gli unici esseri umani della storia, tratteggiati con toni grotteschi, tra il burbero e il malefico. Non starò qui a svelare la vicenda per non togliere il piacere e il gusto di scoprire una fiaba. Mi limiterò ad osservare che tutta la sceneggiatura percorre la minaccia che incombe sugli animaletti da parte dei tre umani e che contrappone l'arcigna e fosca natura dominatrice degli uomini all'estro e alla fantasia delle bestie, costrette queste ultime ad una perenne fibrillazione e a un continuo vagare nei meandri del sottosuolo. Ma ciò che in particolare è messo a fuoco è una riflessione sulla autentica natura delle volpi protagoniste, sul contrasto tra la loro indole naturale più spiccata (predatrici di polli!) e il loro adattarsi ad una evoluzione comportamentale in senso più convenzionale e "normalizzato" da un punto di vista dell'ordine sociale. L'opera controcorrente di un regista controcorrente. Un regista che, in piena affermazione del tridimensionale, sceglie di affidare il proprio estro creativo all'antica ed artigianale tecnica dello "stop-motion", praticamente pupazzi fotografati immagine per immagine. Quasi una sfida irrazionale, quella di Anderson, apparentemente fuori da ogni logica commerciale ragionevole. Eppure, alla fine è un prodotto gustoso, che funziona, che certo non porterà miliardi al buon Wes, ma credo che di questo a lui importi in fondo poco, sennò farebbe film molto diversi da quelli che ha fin qui realizzato. Ci sarebbe poi uno sguardo "politico" sul film, ma si presterebbe ad una lettura un pò "ardita" in quanto basata su indizi troppo sparsi e "cifrati" per poter argomentare con decisione. Tuttavia non si può non ravvisare nei tre fattori tutta la cinica avidità espressione di un rancoroso capitalismo. E poi...c'è un dettaglio davvero curioso. Quando la volpe scorge in lontananza la sagoma di un lupo ed improvvisa un monologo (simulato come immaginario dialogo), beh, il lupo prima di scomparire, saluta col pugno chiuso(!!). Mah, io sono rimasto interdetto da quel gesto e avrei voluto rivedere il film per esser certo di aver visto bene. Come era accaduto anche per i precedenti lavori di Anderson, la colonna sonora è importantissima e sfiziosa, e meriterebbe un capitolo a parte. Essa è curata da Alexandre Desplat e raccoglie contributi illustri, da Georges Delerue ai Rolling Stones, da Jarvis Cocker ai Beach Boys, con l'avvertenza che nel film appaiono solo una parte dei brani contenuti nel ricco cd ufficiale. Concludendo. Una favola curiosamente grottesca e deliziosamente eccentrica. Film con questo estro non capitano tutti i giorni. Un motivo in più per non lasciarselo sfuggire.
Voto: 9/10

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