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Videocracy. Basta apparire

Regia di Erik Gandini vedi scheda film

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La recensione su Videocracy. Basta apparire

di lamettrie
9 stelle

Un bel documentario: storicamente illuminante, sulla società e sulla politica degli ultimi decenni, in Italia e non solo. Ma in particolare in Italia.

Il film prende brani della realtà: purtroppo non deve inventare nulla. Colto perfettamente è il rilievo del cambiamento culturale introdotto dalle tv commerciali, a partire dagli anni ‘80. A 12 anni di distanza dal 2009, quando uscì questa intelligente opera d’arte, il panorama è cambiato per via di certe funzioni di internet e dei social network, e all’utilizzo dei telefonini come piattaforme per la comunicazione globale. Cose che 12 anni fa erano solo agli esordi, e di cui non si poteva prevedere l’invasività: ma ciò non toglie l’attualità di questa iniziativa.

Infatti, sul piano politico la tesi proposta è ineccepibile: per avere il potere bisogna conquistare tutto il potere mediatico. Poi non conta nulla se la realtà umana che si propone, al fine di avere questo potere più di altri, faccia ribrezzo, come quella che il film esibisce riguardo a obbrobri umani, cioè umani e culturali, come Berlusconi, Corona e Mora: non conta nulla. L’importante è apparire, ovvero il più possibile bisogna occupare tutto lo spazio virtuale offerto dai mass media. Dei quali la tv resta ancora il più incisivo (anche se l’audience della radio oggi è ancor maggiore!).

Poco conta se tali modelli individualistici siano incompatibili con il bene pubblico, ed anzi siano nocivi per esso, e perfino avvelenanti; poco conta. «Prendere il potere per farsi solo i cazzi propri», i quali si misurano esclusivamente in soldi: questo è il succo del pensiero di Corona. È ripugnante quanto si vuole, certo; diserba le condizioni di ogni possibile convivenza positiva, ma quanto meno è la fotografia meno improbabile della realtà. Almeno la realtà che conosciamo dalla società di massa, cioè da poco più di 100 anni. Realtà che è stata amplificata poi dall’avvento delle tv commerciali nazionali, e pure dalle radio private. Un illecito che non si poteva fare, ma che divenne lecito grazie alla corruzione. Come noto, bastarono 4 miliardi di lire (meno di due milioni di oggi) a Berlusconi per corrompere il socialista (terrificante ossimoro!) Craxi e il suo governo, e varare nell’84 la legge Mammì, che pure concedeva le frequenze nazionali solo a due, e non a tre reti (infatti come contribuenti tutti noi italiani stiamo pagando ancora le multe salatissime tutti gli anni all’Unione europea per questo reato: è illegale che Rete 4 propaghi il suo segnale su tutto il territorio italiano, appunto, in quanto terza rete dello stesso padrone, dopo Canale 5 e Italia 1).

La tv commerciale ha avuto un impatto, da 40 anni, devastante sulla formazione culturale degli italiani. La logica del puro profitto individuale ha prevalso nei messaggi lanciato nell’etere, contaminando anche il servizio pubblico, che è stato fatto colpevolmente (da parte della politica, i cui attori sono però scelti però da noi elettori, su cui ricade perciò questo grave vulnus) adeguare a questa logica di concorrenza commerciale, così oscena però per l’aspetto culturale e morale della realtà. La pubblicità ha dominato tutto, e la conseguenza è sotto gli occhi di tutti: se si fanno, studiandole bene, porcherie sotto il profilo culturale e morale, si vince. Se si fan cose serie e valide, si perde.  L’audience cresce solo tanto più, quanto più si contribuisce allo sfacelo educativo, culturale e morale della collettività.

Questo è un ottimo argomento storico contro l’umanità in  generale, in favore cioè del pessimismo. Ciononostante, chi scrive questo commento è ottimista, e crede realisticamente esservi delle vie di miglioramento. Ma tali vie passano solo attraverso il riconoscimento politico dell’impegno culturale volto al miglioramento della felicità pubblica, cioè un innalzamento della felicità media di tutti, decretato dalla comunità scientifica in modo imparziale: una cosa che dovrebbe essere normalissima, e che invece è lontanissima dall’accadere, come il film del resto mostra.

Il documentario è splendido proprio per come mette assieme, dandovi il giusto valore, a materiale che è costantemente sotto gli occhi di tutti; ma il cui effetto deleterio passa inosservato, tanto ci si è assuefatti ad esso. La televisione resta uno dei grandi mali del mondo: non l’unico e non il peggiore, certamente. È un’ottima base per ogni falsificazione efficace; per ogni demolizione dell’onestà intellettuale; per la negazione di quasi ogni cosa che vada insegnata e praticata da chiunque vuole vivere felice su questa terra. L’abbrutimento dell’essere umano non si è visto solo con la Shoah, sebbene soprattutto si sia visto nella Shoah, e molto più che qui. La derelizione dell’uomo è stato resa possibile anche grazie alla televisione, che ha reso e rende possibile ogni menzogna, che sacrifichi il bene individuale e collettivo al bene economico di pochi.

Interessante è cogliere anche questo: tale bene economico individuale magari rientra nelle condizioni di distruzione, inconsapevole ma reale, della stessa persona che persegue ciò, come si vede quanto meno nel caso di Corona qui, e poi anche degli altri protagonisti di questo lungometraggio, peraltro corto e veloce da vedere. Quindi tale vantaggio economico immorale va persino contro l’interesse di chi lo pratica: perciò è inutile e sbagliato sotto qualunque prospettiva lo si guardi.   

Perciò i disastri politici cui abbiamo assistito negli ultimi decenni (che prima sono stati preceduti anche da vari altri disastri politici, sia chiaro) sono stati fortificati dalla tv: senza le sue bugie, partiti, che hanno avuto il 40% dei voti, non avrebbero mai potuto avere più dell’1% dei voti. Cioè i voti solo dei ladri che avevano vantaggio nel sostenere dei ladri come loro al potere. Ma ciò non toglie che pertanto la minoranza dei ricchi ladri abbia preso il potere, e la stragrande maggioranza di chi non vuole essere ladra (ricca e povera) sia stata costretta all’emarginazione colpevolmente.

La verità è stata stuprata: e lo è, ogni secondo, da tanti anni quanti c’è la tv commerciale. Di cui la tv berlusconiana è uno dei più sconci esempi; ma che c’è anche altrove, senza che la politica faccia le giuste leggi per frenarne  gli scempi contro l’interesse pubblico. L’intelligenza e la cultura vengono violentate in ogni angolo della tv, e non solo: ciò è la premessa perché non emerga mai la verità sui problemi che affliggono la felicità di tutti. Bisognerebbe anche fare leggi affinché la competizione elettorale non favorisca i ricchi: questi infatti possono investire infinitamente di più in campagna elettorale e quindi in generale sui mass media, con un vantaggio competitivo inaccettabile per le pari opportunità di partenza che devono essere sacre per tutti, se si vuole davvero che sia sempre rappresentato l’identico interesse di tutti, e non il privilegio di pochi. Questo film ha il merito anche di enucleare anche ciò.  

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