Regia di Gabriele Muccino vedi scheda film
Dal titolo non è comprensibilissimo, eppure questo “Baciami ancora” è il sequel del fortunato film di Gabriele Muccino del 2001 “L’ultimo bacio”. I protagonisti sono gli stessi, più o meno, del primo film, se si eccettua Giovanna Mezzogiorno sostituita qui da Vittoria Puccini. Se il primo film era un affresco sulla giovinezza che lascia spazio con difficoltà all’età adulta, qui invece il passaggio all’età della maturità, i 40 anni, risulta meno traumatico. Le storie sono quelle di Carlo e Giulia e dei loro amici (Marco e Veronica, Adriano, Livia e Paolo e Alberto). La trama ha poca importanza. Vale la pena sottolineare invece come i rapporti tra le coppie siano tutti identici, monocordi, livellati verso il basso: possibile che in tutte e tre le coppie formate da giovani, benestanti ed in salute, la pulsione (di non si sa cosa poi) possa mandare in vacca intere esistenze? Nemmeno i figli, la depressione, il lutto, possono nulla contro la sindrome di Muccino, fatta di tradimenti, insoddisfazioni e fobie. Almeno Ozpetek, nel suo “Saturno contro” a cui questa pellicola assomiglia per molti tratti, aveva caratterizzato i personaggi in maniera seria, senza standardizzarli, senza renderli macchine sterili su una catena di montaggio diretta verso un inevitabile precipizio (come evidentemente l’amico di Will Smith fa). Ed il finale apparentemente salvifico a poco serve, perché il Muccino-pensiero, seppure qui meno urlato, più ragionato, è monotono e scontato. Ad un certo punto capita addirittura che le tre coppie vivano degli sbandamenti amorosi nello stesso giorno; capita che nello stesso giorno tradiscano e che quasi alla stessa ora rinsaviscano. Non è empatia amicale, è semplice sceneggiatura sciatta. Uno degli esempi più assurdi riguarda Paolo, che va a fare una consegna in un paesino e in quattro e quattr’otto s’interfaccia e quasi si innamora di una emerita sconosciuta con, manco a dirlo, i medesimi problemi di coppia. E allora viene da chiedersi: esiste un personaggio positivo? Sì, o almeno sembra. È Alberto, solitario e sognatore, ma che in tutto il film pronuncia solo 5 battute, finisce in Brasile a fare chissà cosa (tra l’altro gli crescono le treccine rasta nell’aeroplano), mentre gli altri amici continuano sullo stesso nastro trasportatore, col destino segnato.
Film pessimo, non tanto per le idee di base, non originali ma passabili, quanto per un intreccio che per lo spettatore attento diventa un intreccio d’intestino, dall’inizio alla fine.
Sopravvalutato, come al solito
La migliore in assoluto. personaggio difficile, ma ben interpretato
Lo si vede poco. ed è meglio così
solito piattume diffuso
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