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Big Man Japan

Regia di Hitoshi Matsumoto vedi scheda film

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AndreaVenuti

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La recensione su Big Man Japan

di AndreaVenuti
9 stelle

Buonasera a tutti, eccomi con un nuovo (spero gradito) "commento ragionato" incentrato sull'esordio del mitico Hitoshi Matsumoto.

 
Big Man Japan, Hitoshi Matsumoto, 2007
Da molti ritenuto essere una sorta di erede spirituale di Takeshi Kitano, il percorso artistico di Hitoshi Matsumoto è pressoché identico a quello del grande maestro; entrambi partono dal basso, entrambi iniziano a farsi conoscere al grande pubblico formando un duo comico, entrambi diventano delle leggende televisive (su Hitoshi Matsumoto cito solo il programma Downtown no Gaki no Tsukai ya Arahende!!, in onda dal 1989 e ancora oggi seguitissimo con oltre 1500 episodi) ed infine entrambi approdano alla regia cinematografica laddove contro tutto e tutti portano avanti una propria idea di cinema avanguardista e sperimentale.

 

Fatta questa doverosa introduzione iniziamo a parlare di Big Man Japan, esordio registico di Hitoshi Matsumoto (il celebre one show man si ritaglia anche la parte del protagonista).
Matsumoto (meglio noto come Matchan) realizza essenzialmente un mockumentary su un supereroe ormai decadente in grado di trasformarsi in gigante (chissà se Hajime Isayama avrà preso spunto da questo film) il cui obiettivo è affrontare i vari mostri che spopolano nel Sol Levante (chiarissimo omaggio, in salsa parodica, al Kaij? classico ma ci torneremo dopo).
 
L'approccio da mockumentary è in realtà un raffinato escamotage mediante il quale l'autore veicola una polisemia contenutistica atta a denunciare tendenze e contraddizioni della società giapponese. Il nostro eroe è innanzitutto un burattino del governo controllato 24 ore su 24 al punto da non poter neppure vedere sua figlia, il popolo invece lo deride (poiché diverso, poiché poco cool) o lo emargina mentre la sua manager lo sfrutta solo per ragioni economiche trasformandolo in uno sponsor umano mettendo inoltre a serio rischio la vita del suo assistito. Matsumoto si scaglia poi contro le nuove generazioni ormai prive di valori che sembrano aver dimenticato le antiche tradizioni (il rito della trasformazione ormai viene fatto letteralmente a muzzo) ma allo stesso tempo critica una certa burocrazia locale inutile e dannosa (il già citato rito privo di valore e significato viene ugualmente eseguito "poichè si deve fare"). Il regista altresì attacca i mass media, veri e propri avvoltoi disposti a tutto pur di fornire ad un pubblico sempre più lobotomizzato lo scoop sensazionalistico. Infine impossibile non menzionare il finale in cui emerge una certa forma di trascendenza quasi divina -che diventerà un po' il suo marchio di fabbrica- dalle mille interpretazioni.
 
Big Man Japan tuttavia non è solo mockumentary bensì è anche un vero e proprio Kaiju eiga caratterizzato da una struttura a livelli di derivazione videoludica (altra caratteristica del regista) e quindi di tanto in tanto spunterà un nuovo bizzarro mostro da sconfiggere; anche in questo caso le immagini offrono letture multiple e stratificate, pensiamo solamente allo scambio di battute tra il nostro anti-eroe ed il mostro puzzolente, dialoghi che richiamano -in verve comica/parodica- una performance tipica del manzai (di cui Matsumoto è un grande maestro).
 
Dal Kaiju poi nel finale l'eclettico ed eccentrico autore proporrà una sorta di tokusatsu vecchio stile andando a demolire tutto l'impianto narrativo fio a quel momento costruito ed innalzando il film ad opera teorica criptica ed affascinante: demolire per ricostruire.
Genio totale.
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