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Mister Lonely

Regia di Harmony Korine vedi scheda film

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La recensione su Mister Lonely

di cheftony
6 stelle

“I don’t know if you know what it is like to want to be someone else. To not want to look like you look. To hate your own face and to go completely unnoticed. I have always wanted to be someone else. I have never felt comfortable the way I am. All I want is to be better than myself, to become less ordinary and to find some purpose in this world.”

 

Le vie pedonali di Parigi e occasionalmente qualche festa per anziani sono il teatro delle esibizioni di un ragazzo straniero (Diego Luna), sosia di Michael Jackson. Il suo agente, Renard (Leos Carax), è un francese disinteressato alle perplessità del suo giovane e disorientato artista di strada, che per giunta non parla nemmeno il francese.
Ad una delle suddette feste per anziani, Michael incontra per caso una sosia americana di Marilyn Monroe (Samantha Morton) e, affascinato dalla collega, finisce per scambiare quattro chiacchiere con lei all’esterno di un bar. Marilyn è sposata con un sosia di Charlie Chaplin (Denis Lavant), con cui ha una figlia che a sua volta è sosia di Shirley Temple e vivono tutti nelle Highlands scozzesi, in un castello riadattato a comune e abitato esclusivamente da sosia di personaggi famosi e storici. Marilyn vi invita Michael, convincendolo ad unirsi alla comune, già oasi per persone dedite ad impersonare Abraham Lincoln, James Dean, Sammy Davis Jr., il papa ed altri ancora.
Nel frattempo, un prete missionario a Panama (Werner Herzog) invia aiuti alle popolazioni locali via aereo, assistito da un gruppo di suore. Durante un volo in mezzo alla giungla, una suora precipita accidentalmente dal velivolo ma atterra placidamente al suolo, come se la fede le avesse fatto da paracadute.
La comune di sosia, intanto, cerca di far fronte ad una malattia delle pecore che alleva, alla sfida di mettere in piedi un proprio spettacolo aperto ad un pubblico più vasto possibile e alla miseria di una vita priva di identità…

 

 

“About 8 or 10 years ago, at the time of my last film, I started to feel really disconnected. I felt there was something wrong with my brain. I stopped caring about movies and I didn’t really care too much about the world anymore.” [Harmony Korine]

 

Il terzo lungometraggio da regista di Harmony Korine si intitola “Mister Lonely” e si apre proprio con la canzone pop “Mr. Lonely” di Bobby Vinton. Scritto assieme al fratello minore Avi, arriva ad otto anni di distanza dal suo lavoro precedente e fa seguito ad un periodo particolarmente travagliato per l’ormai ex-enfant terrible del cinema; quegli anni furono caratterizzati da qualche problema di droga ed isolamento, vissuti fra Parigi, Londra e Panama, prima del ritorno alla natia Nashville, comunque ben lontano da qualunque parvenza di mondo patinato, con cui Korine non ha mai instaurato un buon feeling. A Parigi ha conosciuto la fashion designer agnès b., personaggio chiave per convincere il regista ad entrare in rehab per riprendere il controllo della sua vita e anche per finanziargli l’inizio della lavorazione di “Mister Lonely”, ad oggi il suo film più costoso. Per il resto è difficile ricostruire dove fosse sparito: Korine racconta persino di essersi aggregato per sei mesi ad un gruppo indigeno panamense, i Malingerers, alla ricerca di una mitica carpa dorata con tre puntini sulle branchie. Malingerer è un termine che in inglese indica una persona che finge una malattia, fisica o mentale, per evitare un impegno o il lavoro. Mai prenderlo troppo sul serio, mai.

 

 

Tornando a “Mister Lonely”, è evidente come Korine abbia riversato alcune sue caratteristiche nei sosia e in particolar modo nel Michael Jackson di Diego Luna, estraneo senza una propria vita in una metropoli come Parigi, costretto a proseguire sulla traccia di un'esistenza spersonalizzante da un agente insensibile (interpretato in un cameo da Leos Carax, regista tra i preferiti di Korine). Il cinema di Harmony resta ancora antinarrativo e costituito di singole scene e personaggi, ma è possibile seguire un percorso in “Mister Lonely”, che abbraccia temi come l’identità, la ricerca del proprio posto al mondo, la solitudine, il disagio nel fingersi o nel credersi ciò che non si è. Il volo impossibile delle suore, apparentemente una ricompensa divina per la propria fede, è un tentativo di superare i limiti tracciati dal proprio ruolo e di essere qualcosa di più importante di semplici missionarie. E forse è solo un tragico errore di presunzione.
In questo modo, la storia delle suore e del prete bavarese volante rappresenta un compendio del nocciolo del film, nonostante le due storie non si intersechino mai. Ha altresì il merito di regalare un Werner Herzog palesemente divertito a recitare in panni ecclesiastici, con tanto di improvvisazioni col suo inglese meravigliosamente contaminato dal forte accento bavarese. Nondimeno, le immagini delle suore volanti rappresentano il punto più alto di “Mister Lonely” a livello visivo, mentre i sosia non sempre raggiungono livelli notevoli in termini di suggestione, eccezion fatta per la splendida scena delle uova parlanti e per il sosia di Charlie Chaplin, a cui presta le fattezze il feticcio del succitato Carax, ovvero Denis Lavant. Il cinema di Korine, d’altronde, rimane legato alle sensazioni scaturite dalle immagini e “Mister Lonely”, fra alti e bassi, raggiunge una forma d’equilibrio, di lirismo e di quieta malinconia del tutto inedite nella sua opera.
Tutto questo per dire che alla fine anche questo film è stato un tonfo incredibile, sia a livello di riscontro economico, sia di critica. Ad ogni modo, rimane un titolo atipico ed importante nella filmografia di Korine, non fosse altro per aver segnato il suo ritorno all’attività ed aver contrassegnato una serenità personale faticosamente raggiunta e suggellata dal matrimonio con Rachel, già nel cast di questo film nei panni di Cappuccetto Rosso e nuova presenza fissa nei titoli successivi.

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