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Teza

Regia di Hailé Gerima vedi scheda film

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La recensione su Teza

di FilmTv Rivista
8 stelle

Etiopia, 1990. Dopo l’esilio in Germania, dove ha studiato medicina, Anberber torna a casa mutilato a una gamba e ferito nell’anima, sperando di essere utile alla rinascita del proprio Paese. Il regime comunista di Menghistu, ormai assediato da ribelli altrettanto temibili, non è meno oppressivo di quello reazionario e imperiale di Selassié, e il medico subisce sulla propria pelle l’agonia del popolo e di una cultura falciata da un’ideologia livellatrice, che perseguita, strumentalizza e a volte uccide soprattutto gli intellettuali. Tra i migliori titoli dell’anno, Teza è il secondo capitolo dopo Adua (1999) della riflessione di Hailé Gerima sulle radici dell’Etiopia e sul confronto con l’Occidente. Se nel film precedente c’erano i buoni (i partigiani africani) e i cattivi (gli italiani colonialisti), questa volta lo schema si spezza. Non basta l’immersione nella cultura primigenia rappresentata dal villaggio natio, o l’abbraccio simbolico dell’anziana madre, per ristabilire una vera appartenenza. Così il dottore si ritrova in una specie di terra di nessuno, spirituale e geografica, devastato dai fantasmi delle illusioni del passato resi implacabili dalle delusioni del presente. Sullo sfondo (ma neanche poi tanto...) la drammatica vicenda politica di un Paese che spazza via la propria storia, passa da un colonialismo bianco a un regime comunque concepito su lunghezze d’onda “occidentali” (surreale la discussione rivoluzionaria sul comunismo albanese, più autentico di quello cinese o slavo...) e non riesce a immaginarsi un futuro, figuriamoci a costruirlo. La parabola esistenziale di Anberber (interpretato con dolente intensità da Aaron Arefe) è a volte troppo programmatica (davvero necessaria la scena del raid fascista in Germania?) e questo è l’unico difetto di un’opera comunque magmatica, a tratti indecifrabile nel suo onirico sprofondare tra le ombre di un mondo di valori in dissolvimento. Gran premio della Giuria e Osella per la migliore sceneggiatura alla Mostra del cinema di Venezia 2008.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 12 del 2009

Autore: Mauro Gervasini

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