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Teza

Regia di Hailé Gerima vedi scheda film

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La recensione su Teza

di kubritch
10 stelle

Cosa dire? Bisogna vederlo. Ecco dove è andato a finire il "nostro" neorealismo poetico... Pasolini, Rossellini, il "nostro" genere d'inchiesta, Rosi, Antonioni col suo occhio trascendente e via cantando. Ci vedo anche qualcosa di Fassbinder. Si tratta di un viaggio non solo spaziale ma anche temporale, a ritroso nel tempo fino alle origini; ricognizione esteriore, politica, ma anche interiore, spirituale, nel profondo dell'essere. Per esempio, mi ha permesso di chiarire meglio la ragione della particolare sensibilità di Yeoshuah - Gesù - verso la condizione femminile; a quell'epoca, le donne erano vulnerabili di fronte ai giudizi del maschio dominante. Quando Yeohoshuah tentò di promuovere una lettura teologico-giuridica che equiparasse la volontà delle donne a quella dei maschi, si scatenarono le ire della casta sacerdotale; in modo non dissimile alla condotta tenuta dalla gerarchia cattolica fino ai giorni nostri. Ciò conferma il fatto che tra le origini del cristianesimo e la sua affermazione a livello istituzionale esiste una misteriosa discontinuità che assume la forma di una riconnessione alla visione precristiana, come un riadattamento della lezione evangelica all'antica tradizione patriarcale. Comunque, mi sono riconosciuto in questa storia. Mi sono immedesimato nella sofferta ricerca di un'autenticità assediata da una serie di volontà che si contendono, facendo uso della violenza, la palma dell'umanità eletta. Un'illusione potente, millenaria, difficile ma non impossibile da sradicare. La leggenda del drago dal potere rigenerante, esposta nel finale, ci riguarda tutti universalmente più di quanto si è disposti a pensare. Penso a Jung ma anche all'ambientazione nel corno d'Africa. Al di là di tutto è cinema puro sia nel montaggio dei tempi, sia per quanto riguarda il tentativo di dare una forma tangibile all'ineffabile, all'impalpabile; cosa del tutto trascurata dal nostro cinema ostinato su un realismo piatto e superficiale che fa il gioco della propaganda. Gli italiani sono soggetti ad un tabù, ad una forma di censura interiorizzata per quanto riguarda quegli aspetti esistenziali che toccano la trascendenza. Dalle nostre parti la dimensione trascendentale, il rapporto spirituale con la realtà è qualcosa di risolto una volta e per tutte,  riservata alla dottrina cattolica, con i suoi papi e preti militanti, politici, sociologi, psicologi, pedagoghi... Capitolo chiuso. Oltretutto, guai a sconfinare in territori che potrebbero indispettire troppo i vertici religiosi. Sono ingaggi sfumati, visto che la santa sede ha in pugno anche l'economia della tv di stato, fortemente lottizzata. Più conveniente tenere una porta aperta. Così, il cinema italiano solo raramente, in pochi casi geniali (Fellini, Antonioni, Olmi, Bellocchio), osa  elevarsi al di sopra di una realtà bidimensionale. Il risultato è quello di una visione incompleta, riduttiva, dell'essere e quindi sentita come una pietanza inconsistente.

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