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Il leone d'inverno

Regia di Anthony Harvey vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Il leone d'inverno

di Ethan01
7 stelle

Nel Natale del 1183 Re Enrico II Plantageneto (Peter O'Toole) riunisce nel suo castello la moglie Eleonora d'Aquitania (Katharine Hepburn) e i suoi tre figli Goffredo, Riccardo e Giovanni (rispettivamente John Castle, Anthony Hopkins e Nigel Terry), per decidere a chi di loro andrà il regno dopo la sua morte.

Tre anni dopo "Becket e il suo re", Peter O'Toole torna ad interpretare il personaggio di Enrico II d'Inghilterra, in questo dramma storico di chiara derivazione teatrale, in cui le lotte di potere e gli intrighi di corte mettono a nudo i più bassi istinti dei personaggi, nonché i loro sentimenti e le loro passioni più recondite.

Non è un caso infatti che non ci sia, tra tutti i personaggi, una sola figura positiva: Enrico II è un sovrano dissoluto e capriccioso; ma non è certo esempio di virtù nemmeno sua moglie Eleonora d'Aquitania, abile manipolatrice disposta anche a servirsi dei figli per ottenere ciò che vuole da Enrico.

Ma gli aspetti negativi di Enrico ed Eleonora sono nulla a confronto della cupidigia e della bassezza della "reale discendenza": Goffredo è cinico, spietato e calcolatore, mentre Giovanni è sostanzialmente un inetto; verso di lui Enrico prova una qualche forma di affetto, ma si tratta comunque di un affetto (apparentemente) ricambiato da Giovanni solo allo scopo di ottenere il potere dal padre.

Riccardo invece è forse la figura più sofferta, poiché manovrato contro suo padre dalla madre, la quale, gelosa delle amanti di Enrico, per vendetta, volle privarlo dell'unico figlio che veramente sarebbe stato degno di succedergli. Ciò spiega l'odio del figlio verso il genitore, mentre il disprezzo di Enrico verso Riccardo probabilmente è dovuto all'omosessualità di quest'ultimo.

Il regista Anthony Harvey si affida quasi totalmente alla sceneggiatura di James Goldman, tratta da una sua opera: inevitabilmente quindi si avverte una certa pesantezza dovuta all'impostazione teatrale della pellicola, benché comunque Harvey mostri un certo dinamismo nell'utilizzo della macchina da presa e molta cura nelle riprese e nella scelta delle angolazioni.

Altra carta a cui il regista si affida ciecamente è il cast: Peter O'Toole avrebbe indubbiamente meritato un Oscar per la sua performance, ma l'Academy ha sempre scandalosamente snobbato questo attore straordinario nel corso degli anni (otto candidature andate a vuoto, dal 1963 al 2007), salvo poi assegnargli un tardivo premio alla carriera nel 2003 (che O'Toole, giustamente, voleva rifiutare). Lo stesso non si può dire di Katharine Hepburn, che per l'interpretazione dell'odiosa Eleonora d'Aquitania si aggiudicò un Oscar come miglior attrice protagonista, come se all'Academy sembrassero pochi i due che le aveva già conferito nel 1934 e l'anno precedente (e ce ne sarà un quarto nel 1982). La pellicola segnò anche l'esordio di due attori destinati a fare strada: in primis Anthony Hopkins, che qui risulta essere il più misurato della compagnia e riesce a non andare quasi mai sopra le righe (contrariamente alla Hepburn); in secondo luogo un giovanissimo Timothy Dalton, nel ruolo di Filippo il Bello.

I costumi (di Margaret Furse) e la fotografia (di Douglas Slocombe) sono assolutamente pregevoli; la colonna sonora, invece, non rientra tra le migliori composizioni di John Barry: di conseguenza sembra un pó eccessivo che sia stata premiata con un Oscar.

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