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Frost/Nixon. Il duello

Regia di Ron Howard vedi scheda film

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La recensione su Frost/Nixon. Il duello

di giancarlo visitilli
8 stelle

La scatola nera come ring. L’America e la sua reale democrazia, come spettatori privilegiati, che giocano da protagonisti, come pedine sulla scacchiera. Non ci sono mosse previste. Roba da cogliere l’attimo. Poi, metti una sera a cena, da noi, in Italia, che ti capita di non guardare Maria e le sue confessioni o Vespa e i suoi vespasiani: non sia mai. Quando potrà accadere al popolo italiano, canonizzato rai, di trovarsi direttamente spettatore sul ring e per duellanti un presidente e un giornalista molto di parte, discutere sul senso e sul valore della giustizia e della democrazia, del potere e di chi è logorato perché n’è stato privato? Cose dell’altro mondo (o semplicemente di un altro paese. Democratico).
Il bellissimo film di Ron Howard è un libro di storia aperto. Vi si possono leggere le pagine che ricordano la politica americana degli anni Sessanta, ed in essa i media e il loro ruolo. Da non confondere il film, come fosse un film politico. Non lo è affatto.
Scritto da Peter Morgan (The Queen, L'ultimo re di Scozia) autore anche della piéce teatrale da cui è tratto il film, la storia è quella che appartiene ad una delle figure più controverse e ambigue della storia, non solo americana, Richard Nixon. Questi, nonostante fosse il presidente degli Stati Uniti, non si risparmia (come in ogni luogo dove il dialogo è forma di accesso al pensiero democratico) di partecipare ad una serie di talk-show invidiabili, in cui si discute seriamente dei problemi di un paese e di quanto può accadere ad un uomo poco attento al suo ruolo pubblico. Gli incontri fra il presidente Nixon e il giornalista Frost sono come tante sedute analitiche. Ma fanno anche pensare ai tipici incontri western dove chi combatte, non necessariamente si serve delle armi, ma utilizza anche e soprattutto la parola come lama a doppio taglio. Parole che lasciano ferite profonde. E poi il fascino della sfida, combattuta a botta di tragedia e farsa, dramma e grottesco, in campi e controcampi sempre più ristretti. Ron Howard costruisce un film in cui, appunto, racconta la storia di una sfida, nell’arena, al cui centro non ci sono i due sfidanti, quanto il mezzo che li sorregge: il giornalismo e quindi la televisione. Ne viene fuori la figura di due uomini, privi di sangue inferto, ma abbastanza massacrati dai colpi bassi, che già anni fa permisero a Woody Allen di apostrofare il suo presidente con queste parole: “Nixon era un bravo presidente, però quando usciva dalla Casa Bianca il servizio d’ordine contava l’argenteria”. Quanti collegamenti con la storia attuale. Con i presidenti attuali. E in generale con gli uomini di potere attuali. A prescindere dal paese, questo film di Howard parla anche di noi italiani.
Il film è anche un grandissimo ed importante lavoro sull’arte attoriale. Di chi sa sudare, muovere un sopracciglio o semplicemente con un sospiro, dinanzi ad una camera, è capace di urlare parole non dette. L’interpretazione di Michael Sheen (David Frost), ma soprattutto di Frank Langella (Richard Nixon), lasciano il segno. Al di là del ring c’è un pubblico che non ha parteggiato per nessuno dei due, ma che torna a casa, ognuno con in mano il trofeo della giustizia. Quella che in ogni paese conduce alla sfida per la democrazia.
Giancarlo Visitilli

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