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Changeling

Regia di Peter Medak vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Changeling

di degoffro
6 stelle

"La presenza che qui esiste è in grado di raggiungerti attraverso quella perdita!"

L'incipit non è nuovo ma è quanto meno accattivante. John Russell, celebre musicista, sta spingendo, con l'aiuto di moglie e figlia, la sua station wagon su una strada innevata. Mentre l'uomo chiama da una cabina telefonica per cercare aiuto, la moglie e la figlia giocano divertite a palle di neve. L'arrivo contemporaneo di un tir e di una automobile e il terreno completamente ghiacciato causano l'irreparabile: John vede morire sotto i suoi occhi, travolte dal camion, le sue congiunte. Quattro mesi dopo si è trasferito a Seattle dove, grazie all'intervento di un amico, insegna musica al Conservatorio. John decide quindi di affittare una enorme ed antica villa solitaria dove poter comporre liberamente. Ben presto però si rende conto che di quella casa non è l'unico inquilino. Come gli dice in modo sinistro Minnie, la segretaria dell'agenzia presso cui ha trovato casa: "Quella casa non è adatta ad abitazione. Nessuno ha mai potuto abitarci. Non vuole gente dentro." Fermamente deciso a districare la matassa, John scopre la tragedia che, ad inizio secolo, coinvolse il piccolo Joseph, bimbo malato e debole, costretto sulla sedia a rotelle, barbaramente ucciso nella mansarda di quella casa, annegato nella vasca e quindi gettato in un pozzo dal padre, che poi lo sostituì con un altro bambino, sano e prelevato da un orfanotrofio, ora diventato influente senatore, per poter usufruire della immensa eredità del suocero. Il soggetto, come si può intuire, non è fulminante. Gli sviluppi, purtroppo, sono altrettanto consueti. Devo ammettere che "The changeling", celebre horror psicologico, salutato dagli appassionati come un autentico cult, ha rappresentato per me una parziale delusione. Il regista Peter Medak, segnalatosi con il grottesco ed eccentrico "La classe dirigente", poi più che altro regista televisivo (anche se sono da menzionare due suoi pregevoli noir come “The krays - I corvi” e “Triplo gioco – Romeo is bleeding”) gioca con una certa abilità con gli stereotipi del genere: porte che si aprono, passi furtivi, rubinetti da cui inspiegabilmente esce acqua, palline che rimbalzano sulle scale, finestre che si rompono, misteriosi rimbombi nei tubi della casa, stanze segrete, sinistri mormorii, un carillon dal motivo ricorrente, specchi che si infrangono, sedute spiritiche (la sequenza decisamente migliore e più terrificante). Di inedito però c'è solo una sedia a rotelle che incombe minacciosa in cima alle scale o insegue la sventurata amica del protagonista. Alcune eleganti riprese dall'alto e la valorizzazione di diversi ambienti della villa, soprattutto le scale, attraverso suggestive ed avvolgenti inquadrature, sono tali da garantire un risultato dignitoso ma anche oltre modo convenzionale e datato. Inoltre la tensione qua e là scricchiola, scarseggiano proprio i brividi, se non nella brutale e disturbante sequenza dell'omicidio del piccolo Joseph, oltre che nella citata scena con la medium, anche se bisogna riconoscere che è intrigante e indovinata l'idea, piuttosto torbida, alla base della storia, dello scambio di bambini per una volgare questione di soldi. Il risultato non eccelso probabilmente è da imputare anche ai troppi horror orientali con relativi remake e/o seguiti, aventi per protagonisti fantasmi di bambini in cerca di vendetta, usciti negli ultimi anni a iosa e tali da inflazionare un immaginario ormai saturo. "The changeling" è in anticipo sui tempi (c'è persino un pozzo che non può non richiamare alla mente "The ring"), ma col senno di poi, non incide più di tanto, anzi a tratti è perfino noioso. Ci sono inoltre almeno un paio di sequenze in cui è davvero difficile trattenere le risate: quella in cui il fantasma recapita al protagonista la medaglietta d'oro del piccolo Joseph facendola riemergere d'improvviso dalla terra del pozzo ed il finale con il protagonista che tenta faticosamente di salire le scale della casa per fermare il fantasma di Joseph ormai inferocito, e viene ostacolato da un fortissimo vento causato dallo stesso spettro. George C. Scott, reduce dalla straordinaria prova nell’ottimo “Hardcore” del troppo spesso sottostimato Paul Schrader, appare leggermente ingessato, comunque impassibile, indifferente, sempre fin troppo razionale di fronte a quello che gli accade (sembra insomma non crederci molto), il che forse può parzialmente spiegare il generale distacco e la sostanziale freddezza dello spettatore nei confronti di una storia che risulta troppo prevedibile e telefonata (ultima sequenza inclusa) e che, a distanza di anni, sente l'inesorabile trascorrere del tempo. E' lodevole il tentativo di realizzare un horror tradizionale, "classico", alla maniera de "Gli invasati", incentrato su una casa fantasma, in cui si punta più sulla costruzione di atmosfere gotiche e sinistre che sul gore ed effettacci truculenti proprio in un periodo in cui lo slasher con "Halloween" e "Venerdì 13" sembrava andare per la maggiore, ma il risultato è pura routine. Trish Van Devere nella realtà era moglie del protagonista. Bella parte per Melvyn Douglas che aveva appena ottenuto il suo secondo Oscar per "Oltre il giardino", dopo quello vinto nel 1963 per "Hud il selvaggio". Tratto da un racconto di Russell Hunter e sceneggiato da Diana Maddox con William Gray, quest’ultimo autore anche di altri script di genere non proprio memorabili come “Non entrate in quella casa” “Philapelphia experiment” e “Il giorno della luna nera”. Prodotto da Andrew G. Vajna e Mario Kassar (quelli di “Atto di forza”, “Rambo”, “Angel Heart” e “Basic instinct”). Il film è basato su eventi che si suppone siano realmente accaduti negli anni sessanta in una casa di Denver. Prima di Peter Medak per la regia era stato contattato anche Tony Richardson che ha declinato per divergenze creative con la produzione. Vincitore di ben 9 Genie Awards (gli Oscar canadesi) quando ancora si chiamavano Canadian Film Awards.

Voto: 5 e mezzo.

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