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The Orphanage

Regia di Juan Antonio Bayona vedi scheda film

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La recensione su The Orphanage

di Furetto60
7 stelle

Horror di qualità. Ottimo esordio del giovane Bayona

Laura e Carlos sono una coppia molto affiatata. Carlos è un medico e Laura un ex trovatella. Hanno adottato un bambino Simon, purtroppo sieropositivo, che però non sa di essere malato e ignora di non essere il loro figlio biologico,come del resto è capitato trent’anni prima alla stessa Laura, un’ orfana fortunata che aveva trovato una famiglia amorevole, che l’aveva presa con se. Laura e il marito acquistano quel vecchio orfanotrofio, cui lei è affezionata, per i bei ricordi che le suscita , allo scopo di ristrutturarlo e ricavarne  una casa famiglia per bambini, problematici. Non appena si trasferiscono, il solitario Simon comincia a girare per la tenuta, intrattenendo amicizie con diversi “compagni immaginari” I genitori non danno peso alla cosa giudicando, il comportamento del bambino legato alla sua età e alla condizione di figlio unico e senza amici, anche se Simon fantastica sempre più spesso su questi invisibili amici, diventando sempre più insistente sui suoi fantomatici incontri . Quando Simòn svela di sapere della sua adozione e della sua malattia, i genitori iniziano a sospettare che gli amici del figlio non siano del tutto immaginari, mentre nella dimora si moltiplicano gli avvenimenti inquietanti,che culmineranno nella sua scomparsa,proprio durante l’open-day dell’istituto.I genitori disperatamente, lo cercano invano. Nella vulgata polare e superstiziosa, si ritiene che le persone prossime alla morte dispongano di una sensibilità particolar,e grazie a cui si mettono in contatto con l'aldilà o meglio con i fantasmi che si trovano sospesi tra realtà e mondo dei morti. È dunque il caso appunto di Simòn, che, affetto fin dalla nascita dall'HIV,probabilmente per questa sua peculiarità, riesce a stringere amicizie con i piccoli,forse già defunti.
Tutt'altro che immaginaria è invece un'inquietante vecchina che si presenta sotto le mentite spoglie di assistente sociale, che spesso appare 
e che sembra quasi ossessionata da questo luogo, sapremo poi che è Benigna Escovedo,vecchia governante del convitto, che perse il suo Thomas piccolo e sfortunato bambino deforme, vittima molti anni prima di un involontario gioco mortale dei suoi coetanei. Durante un fortuito incontro con Laura, subisce un misterioso e mortale incidente d’auto. Passano dei mesi: le ricerche della polizia sono sterili e Laura crede sempre di più che gli amici “invisibili” di Simòn hanno a che fare con la sua scomparsa. Infine, si rivolgono a un team di spiritisti e attraverso la regressione di una medium Laura ritiene di aver appreso la verità,mentre il marito resta scettico.L’interrogativo è credere ai fantasmi e alla natura soprannaturale dell’enigma o restare inchiodati alla razionalità, pensando che ogni apparente manifestazione dell’aldilà, per quanto forte, sia solo frutto di una suggestione.Optare per la tesi di Laura, madre disperata che sceglie di credere alle presenze, o per quella del marito medico Carlos, che ritiene la medium una ciarlatana peraltro , le voci intercettate dei bambini fantasma, le sentono tutti. Tutto ciò crea un efficace alone di ambiguità. La storia è costellata di indizi, forniti dai piccoli e invisibili, ma palpabili amici di Simon, per dar vita a cacce al tesoro dagli esiti cruciali, dal racconto audiovisivo, e cosi  invitare lo spettatore a costruirsi  la propria versione dei fatti, a farsi un’idea circa la fine di Simòn.  Bayona ricorre a tutti i mezzi per chiarire un intreccio a tratti complicato: le chiarificazioni arrivano dai personaggi, e dai filmini di Benigna Escovedo, ex dipendente dell’orfanotrofio e madre dello sfigurato Thomas, morto tragicamente come accennato . C’è un uso sapiente della colonna sonora,con musiche di maniera arricchite dagli effetti sonori tipici del caso: scricchiolii del legno, porte cigolanti, botole che si aprono all’improvviso, tuoni, lampi e pioggia in quantità e poi i rumori, che sono fondamentali,nel gioco di decifrazione e interpretazione dellintera storia. Precisa anche la gestione luci, nella messa in scena,con un uso misurato, ma efficace degli effetti speciali, Ma l’idea più macabra ed al contempo efficace, è l'inserimento della tematica legata a Peter Pan, stavolta favola nera, dove i fantasmi dei bambini sono fermi alla loro età fanciullesca mentre il mondo attorno va avanti, quasi abitassero nell'Isola che non c'è. Horror ansiogeno, più drammatico che spaventoso, non ci sono jumpscare, storia  drammatica , con degli splendidi stilemi gotici, che trasforma un orrore quotidiano in uno trascendentale. La fotografia è suggestiva, aiutata certo dalla bellezza delle location, la grande villa e la spiaggia con la caverna. Ma, è negli ultimi minuti che Bayona gira le scene di più grande potenza emotiva,su tutte quella del 1,2,3 tocca la parete, che tra l'altro chiude perfettamente un cerchio con il prologo del film. Il movimento di macchina che da Laura si sposta più volte per vedere quello che le accade alle spalle per poi tornare ogni volta su di lei è da brividi. Poi Laura alias l'indimenticabile Belen Rueda, trova finalmente la casetta di Tomas, il luogo che il giorno della festa suo figlio voleva indicarle.Il finale che non si svela è di grande pathos.Girato in maniera classica, “The Orphanage” ha ben chiaro  i giusti tempi della suspense gotica e può contare su attori credibili come oltre la già citata Rueda,anche la figlia d’arte Geraldine Chaplin nei panni della medium Aurora, location appropriate. I rimandi a prodotti similari sono numerosi e “The Orphanage” è però superlativo nell’approfondimento psicologico dei personaggi e nella delicatezza con cui vengono affrontati i temi dell’abbandono, della malattia e della maternità. Bayona mostra una maturità e una padronanza del mezzo cinematografico inusuali per la sua giovane età. In  tal senso l’aver avuto come produttore e tutore  d’eccezione,uno dei più quotati registi horror in circolazione, Guillermo Del Toro, lo ha sicuramente favorito.

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