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The Orphanage

Regia di Juan Antonio Bayona vedi scheda film

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La recensione su The Orphanage

di mc 5
8 stelle

Di questo film si parla sulle riviste di cinema ormai da mesi, e infatti la pellicola arriva, attesissima, sui nostri schermi dopo una stagionatura notevole, essendo uscita nella patria Spagna un annetto fa. A volte, ed è questo il caso, il biglietto da visita è importante: in questa occasione vi appare scritto un nome che funziona egregiamente da garante-produttore, quello di Guillermo Del Toro, di cui sono da sempre un fan. Conoscendo il buon gusto e lo stile propri del regista messicano, sapevo che non potevo restare deluso. Il film arriva in Italia molto atteso, anche sulla scia di una piccola montagna di premi che lo hanno gratificato in patria: addirittura ben 7 "Goya" (l'equivalente del nostro David di Donatello). Ad essere sinceri, qualcuno, di fronte al prodotto finito, potrebbe anche avanzare un'ipotesi di sopravvalutazione. E posso capirlo, perchè il film ripete cose e luoghi già visti altrove, e ripropone situazioni già ampiamente percorse in ambito horror, ma secondo me lo fa con stile e con talento. Dunque io non sono affatto deluso, forse perchè le mie aspettative non erano in funzione di qualcosa di originalissimo o devastante, semplicemente mi aspettavo più o meno quello che ho visto: un horror minaccioso ma anche molto introspettivo, sentimentale, romantico, e soprattutto intriso di malinconìa. Piccola parentesi: è davvero curioso constatare che negli stessi giorni escono in sala due film (questo, e poi "Changeling" di Eastwood) assai diversi ma che hanno in comune la vicenda centrale di di una madre devastata dal dolore per l'inspiegabile scomparsa dell'adorato figlio. Le analogìe ovviamente si fermano qua, perchè mentre Clint collega la scomparsa del bambino all'azione sconsiderata di un killer psicopatico, qui invece il tutto viene ricondotto a forti suggestioni che vanno dallo spirituale al paranormale. Troviamo in apertura di film una coppia serena con amatissimo figlio di 7anni, purtroppo condannato a morte da una "sentenza" di sieropositività. Il bambino, nel suo quotidiano, appare incline a slanci per lo meno strani, a partire dalle domande assurde che rivolge ai genitori per proseguire con la sua pacata ossessione per dei compagni di giochi immaginari. Quest'ultima sua fissazione funge un pò da snodo centrale di tutta la pellicola, ma meglio fermarsi qua e non insistere troppo su disvelamenti che potrebbero danneggiare la visione. Ciò che si percepisce principalmente dal film è l'atmosfera di dolore e di travaglio interiore che lo percorre fin dall'inizio, già di per sè inquietante nella sua apparente normalità, fino ad una conclusione che definirei struggente ed irresistibilmente malinconica. E adesso so di rendermi forse antipatico perchè mi trovo costretto a ripetere un concetto che, a quei pochi che seguono i miei scritti, sarà oramai venuto a noia, e che ripropongo ogni volta che sono alle prese con un prodotto francese oppure spagnolo, sia esso comico-brillante oppure di estrazione thriller-horror-noir. Cosa diavolo impedisce a noi italiani di realizzare un film onesto, incisivo e gradevole come questo?? E' una questione di soldi oppure di cervelli? O di tutte e due? Chiusa la parentesi polemica, torniamo al film. Prendiamo per esempio la protagonista, la spagnola Belen Rueda: l'ho trovata bravissima, eccezionale, affascinante ma senza essere bellissima secondo canoni tradizionali, ma soprattutto dotata di una recitazione impeccabile, trattenuta e dolente, che non cede mai alla vanitosa tentazione di andare oltre le righe. E siccome certe ambientazioni dentro le mura di una casa " da esplorare" mi hanno richiamato "Il nascondiglio" di Pupi Avati, mi sono ritrovato ad immaginare cosa avrebbe combinato Laura Morante in quelle circostanze. Sicuramente avrebbe optato per una scelta attoriale improntata all'isteria, ridicolizzando il personaggio, pericolo sapientemente evitato dalla brava interprete spagnola. A proposito d'attori, da segnalare un cameo -simpatico se vogliamo, ma non determinante- di Geraldine Chaplin nelle vesti di una stralunatissima medium. Una "ghost-story" impostata su ritmi lenti ma efficaci, che potrebbero vagamente richiamare certe atmosfere di Night Shyamalan o (più da vicino) di Alejandro Amenabar, e che -al di là delle implicazioni horror- può essere letta come uno straziante atto d'amore nei confronti dell'istinto materno e degli estremi sacrifici di cui è capace un cuore di madre. Ciò che fa grande questo piccolo film è in definitiva una sensibilità tutta europea che, unita all'influenza visionaria e fiabesca di Del Toro, ne fa un prodotto senz'altro pregevole. A questo punto mi auguro solo che gli americani non decidano di farne un remake: non oso pensare a come ne snaturerebbero il soggetto. Altra componente fondamentale del film è lo sguardo fiabesco e fantastico sull'universo-bambino, anche ricorrendo a soluzioni che ne sono tipiche (il faro, oppure la caccia al tesoro). Sono temi carissimi, lo sappiamo, al regista-produttore messicano. E bisogna riconoscere che il giovane regista Antonio Bayona non si è fatto imprigionare nei facili schemi spettacolari dell'horror, preferendo "usare" il genere per raccontare in realtà il dolore e la paura degli uomini. Se si esclude una fulminea ma devastante sequenza collocata verso l'inizio del film, la pellicola è priva di scene splatter esplicite. Come si diceva, al regista interessava -per fortuna- altro. E cioè indagare l'immagine dolente di una comunità di bambini condannati a non diventar mai adulti. Questo dunque il messaggio: solo uno sguardo infantile potrà salvare il mondo (e salvarCI) da una realtà orribile. Ed è lo sguardo di questi sfortunati bambini (precocemente interrotti) che li renderà immortali grazie alla loro arma più potente: la fantasìa. Temi interessanti che delineano una scelta intellettuale tutto sommato sorprendente per un giovane esordiente che proviene dai videoclip....
Voto: 8/9

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