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The Orphanage

Regia di Juan Antonio Bayona vedi scheda film

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La recensione su The Orphanage

di chinaski
8 stelle

Tornata dopo quasi trenta anni nell’orfanotrofio nel quale aveva passato la sua infanzia Laura ha il desiderio di trasformare l’edificio in una casa famiglia dove prendersi cura di bambini disabili. La donna ha un marito e un figlio, Simon (malato e in affidamento) con cui condivide questo suo desiderio fino al momento in cui il figlio scompare e Laura incomincia un percorso emotivo e umano che la porterà alla scoperta di molti segreti che riguardano sia la sua sfera di sentimenti sia il luogo nel quale è cresciuta. La sceneggiatura firmata da Sergio G. Sanchez sembra ruotare principalmente sul mondo interiore di Laura, di cui la casa che ospitava l’orfanotrofio non è altro che una proiezione scenica e sul senso della perdita che la donna deve affrontare dopo essersi accorta della scomparsa del figlio, finendo per scontrarsi con i ricordi idilliaci della sua infanzia e con una macabra verità che la donna tramite molteplici indizi, soprannaturali e non, riuscirà a svelare. Il dolore provocato da questa perdita è il passaggio necessario che la donna deve affrontare per entrare in una dimensione adulta che invece sembrava sempre aver fuggito. La messinscena di Bayona, giovane regista alla sua opera prima, è segnata da una sobrietà visiva che sembra ricercare nell’essenza stessa degli ambienti quelle inquietudini e paure che si nascondono nella mente della protagonista. Inquadrature e montaggio si delineano come gli strumenti principali per creare tensione e suggestioni macabre, attraverso una concezione classica della narrazione cinematografica. The Orphanage è un‘opera che sembra utilizzare le dinamiche del genere a cui appartiene non tanto per una sterile ripetizione dei suoi meccanismi e stereotipi quanto per un’indagine sui percorsi psicologici interiori di una donna che perde qualcosa di necessario per la sua esistenza: un figlio. In questo vuoto e nella fede con la quale la donna cerca di riempirlo, tentando ad ogni costo di rivedere Simon, si cela il bisogno umano di non abbandonarsi al proprio dolore, per quanto straziante esso possa sembrare. Perché come dice Geraldine Chaplin, nella parte di una anziana medium. per vedere bisogna credere. L’atto che, al di là del senso che assume in questa storia, ogni spettatore compie nel momento stesso in cui entra in una sala oscura.

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