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L'uomo della carità - Don Luigi di Liegro

Regia di Alessandro Di Robilant vedi scheda film

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La recensione su L'uomo della carità - Don Luigi di Liegro

di fortune
10 stelle

La coppia De Robilant-Scarpati ha di nuovo fatto centro… E Scarpati non poteva "incarnarsi" meglio in Monsignor Di Liegro…Perfetto anche "fisicamente"

DI LIEGRO E SCARPATI: UN’ ECCELSA “PROVA D’ATTORE” PENALIZZATA DAI “PRECETTI LAICI” DELL’ AUDITEL

E’ proprio un peccato quello che può capitare a della “buona” televisione a causa del tanto osannato share… E solo questo possiamo dire dopo la decisione - alquanto tempestiva per la verità, anche perché non ci sembra sia successo per altrettante “mancate previsioni” di audience – presa da Mediaset nello spostare, in men che non si dica, da Canale5 a Retequattro la miniserie “L’Uomo della carità”.
Questo non ha impedito che, attraverso la miniserie ispirata dalla vera storia di don Luigi Di Liegro, sorretta dalla pregevole sceneggiatura di Fabrizio Bettelli e Nora Venturini (che di Scarpati è la moglie ma che è “in primis” egregia regista e sceneggiatrice per il cinema, il teatro e la televisione) e diretta dalla mano esperta di Alessandro di Robilant, potessero essere finalmente conosciute, anche da coloro che non ebbero la fortuna di incontrare don Luigi, la vita e l’opera di questo prete di frontiera, colui che dedicò, con dedizione, forza e coraggio, tutta la sua esistenza agli altri, fondamentale e primo insegnamento di Cristo.
Ci viene in mente quel passo del vangelo di Matteo che riporta le parole di Gesù: “Venite o benedetti nel Regno dei Cieli, perché avevo fame e mi avete dato da mangiare, avevo sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, ero nudo e mi avete vestito, ero malato e mi avete visitato, ero in prigione e siete venuti a trovarmi”. E, ai “giusti” che, increduli, domandano quando mai avessero fatto ciò, viene risposto: “Quando l’avete fatto ai più piccoli di questi fratelli, l’avete fatto a me”.
Ed è proprio questo che salta subito agli occhi nel film tv (è riduttivo definirlo “fiction”; ormai c’è troppo nel “calderone” sotto questo vocabolo…) cui abbiamo assistito in queste due serate: l’uomo-prete, o forse, meglio, il “vero” prete, il “pastore” che si “confonde” con il suo gregge, diventa uno di loro e, per ciascuno di costoro è una persona diversa, quello che in quel momento “quel” singolo individuo ha bisogno che egli sia per lui.
Ecco, dunque, ancora una volta, se c’è chi aveva ulteriormente bisogno di conoscere quale debba essere la “stoffa” dell’ “Attore”, quello che studia, ama il proprio lavoro, gli dedica appassionatamente la vita, non ha paura di mettersi in gioco anche con scelte “difficili”, che Giulio Scarpati ha “infuso” nel “suo” don Luigi, tutto il suo io, trasformandosi anche fisicamente – testimonianza di chi con Di Liegro visse – con forza e bravura in questo “missionario in terra cattolica” che lottò con potenti, Chiesa e stato.
Comincia come un’ “ideale”, quasi una utopia la missione di Luigi, figlio di emigrante, di quell’Italia che per sopravvivere doveva morire nelle miniere o intraprendere una lotta tra poveri per conquistarsi un “pezzo” di qualcosa che nient’altro era se non povertà essa stessa – ma una baracca spazzata via da un temporale è sempre meglio di un ponte o di una panchina in un parco.
E Scarpati – Di Liegro si cala nella miniera, passa le giornate attraversando in lungo e in largo la città indifferente, a “raccogliere” anziani, senza tetto, giovani sbandati il cui estremo atto, l’ultima aspirazione è un “buco” ad un angolo di una strada… Ed è allora che l’ “utopia” diventa “concreta”, concreta come deve essere la solidarietà, la carità appunto, e le “idee” si trasformano in mense, ambulatori, dormitori, case dove quei giovani, anche i figli reietti della “buona” società, vengono aiutati a concludere la vita con dignità, affetto, calore umano. Non è sempre un vincente, Luigi; perde, con dolore, alcune delle più dure e “sentite” battaglie ma non cede, non “molla” mai, aiutato dai tanti che gli stanno attorno e portano avanti con lui la sua opera, “spinti” da lui, dalla sua volontà, dalla sua fede incrollabile in Dio e nell’uomo, in ogni uomo, senza distinzione di ceto, razza o credo politico, col carattere forte di chi la povertà l’ha vissuta. E nel film, come nella realtà, anche costoro, i tanti “braccio destro” di don Luigi, hanno il loro ruolo ben definito, ciascuno col proprio carattere, con la propria individualità, con le proprie debolezze ma tutti uniti sotto l’ala della loro instancabile guida. Sono molti gli obiettivi concreti raggiunti dal “monsignor dei poveri”, ma sono significativi soprattutto i riconoscimenti spirituali , come quando il vecchio “nemico” lo vuole al suo capezzale in punto di morte perché è lui il solo “prete vero”.
Per i più che non hanno potuto assistere alla commossa e partecipe anteprima della fiction presentata alla prima Festa del Cinema di Roma, è stata l’occasione per “toccare con mano”, questo superbo prodotto, fatto con grande arte e solo apparente semplicità e ritrovarvi lo stesso spirito che ha unito Scarpati e De Robilant, attore e regista, sul set del film “Il giudice ragazzino”. Tra le tante una è la cosa che ci ha particolarmente colpito ma che non ci è nuova, conoscendo Scarpati: il suo sguardo, lo sguardo di Luigi: penetrante e tagliente davanti alle ingiustizie e ai potenti senza e con la tonaca, comprensivo, sensibile, pronto ad accogliere chi in lui riponeva ogni ultima speranza., amareggiato, deluso, impotente davanti agli ostacoli insuperabili. Insomma: il viso di Di Liegro e di Scarpati ad un certo punto si sovrappongono.
E’ questa, finalmente, la televisione che ci piace, che vorremmo vedere un po’ più spesso; che, è vero, non è puro e semplice “intrattenimento”; ma perchè la televisione non può anche essere strumento per imparare, apprendere, capire? E proprio ora che sempre meno “vediamo” il mondo che ci circonda e siamo convinti che il paese, l’umanità di oggi sia tanto diversa da quella incontrata da Don Di Liegro, scoprire che è questa la “realtà” con la quale ancora oggi ci dobbiamo confrontare tutti i giorni e con la quale convivere, forse può aiutare a trovare uno scopo concreto nelle nostre azioni di tutti i giorni.
Un’ occasione dunque persa alla grande da Mediaset per dimostrare che c’è anche un’”altra televisione”… basta solo che le si faccia la giusta promozione e che in essa si creda veramente.

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