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Kaos

Regia di Paolo Taviani, Vittorio Taviani vedi scheda film

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La recensione su Kaos

di alan smithee
8 stelle

IL CINEMA AI TEMPI DELLA QUARANTENA

"Io [...] sono figlio del Caos; e non allegoricamente, ma in giusta realtà, perché son nato in una nostra campagna, che trovasi presso ad un intricato bosco denominato, in forma dialettale, Càvusu dagli abitanti di Girgenti (Agrigento), corruzione dialettale del genuino e antico vocabolo greco Kaos".

Da Novelle per un anno di Luigi Pirandello, i fratelli Taviani, qui al loro decimo film, ci rappresentano, dopo un epilogo e seguite da un prologo liberamente tratto dalla novella Colloquio con la madre quattro, contenutain Una giornata, quattro storie in terra siciliana, a cui fa da filo conduttore, grazie all'accennato epilogo, un corvo rumoroso per essergli stato appeso al collo un sonaglio d alcuni pastori, in scherno alla sua insolita propensione a covare le uova nel nido.

Ne "L'altro figlio" una madre non più giovane (la fantastica Margarita Lozano) è sull'orlo della follia dopo che il figlio, imbarcatosi per le Americhe, non le ha più dato alcun segnale di via né notizia che lo riguardi. La donna cerca nei volti di altri individui pronti a partire, uno sguardo che possa garantirle che recapiterà una ulteriore missiva, che poi risulterà essere composta solo un serie di pasticci illeggibili.

In "Mal di Luna" una neo sposa (Enrica Maria Modugno) è preoccupata dell'atteggiamento fuori controllo che il pacifico marito (Claudio Bigagli) adotta ed ostenta nelle notti di luna piena. Finirà per farsene una ragione, non senza essersi rifugiata tra le mani di un aitante amico del marito (Massimo Bonetti).

Ne "La giara", si riunisce la coppia comica Franchi ed Ingrassia per raccontarci le gesta di un ricco olivicoltore alle prese con una enorme giara destinata a contenere buona parte della sua produzione, ma andata nottetempo misteriosamente in frantumi. Verrà aiutato da un pacifico artigiano, che, tuttavia, nel ripararla, rimarrà incastrato all'interno, facendo sorgere tra le genti il dilemma se rompere di nuovo la giara per farlo uscire, o lasciarla intatta facendo restare all'interno il poveraccio.

In "Requiem" si narra delle rivolte popolari nel ragusano, allorché un ricco latifondista impedisce ai contadini di seppellire i loro cari nelle terre adiacenti al loro paese, costretti pertanto a dare addio ai loro cari presso un lontano cimitero di città.

Nell'epilogo lo stesso Pirandello (impersonato per l'occasione da Omero Antonutti), torna nella casa materna e si trova al cospetto del fantasma della madre, alla quale racconta di un episodio che lo stesso avrebbe voluto raccontare, ma per il quale egli non ha mai potuto usufruire della propria abituale ispirazione.

Amore per la terra natia, destino avverso che prende di mira sempre i più deboli ed afflitti, diventano la costante di questo film con cui i due fratelli registi tornano ad incentrare l'attenzione sul popolo e sul ceto contadino, vessato, oppresso e spesso circuito.

Sullo sfondo una Sicilia altamente scenografica e prepotente nella sua bellezza sfrontata e schietta, in grado di impadronirsi in più circostanze della scena e di risultare la vera e la più schietta protagonista di questo bel film.

 

 

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