Regia di David Fincher vedi scheda film
David Fincher porta in scena il caso Zodiac, serial killer realmente esistito nella California a cavallo tra gli anni '60 e gli anni '70. Ottima la realizzazione tecnica e numerose scelte di regia, ma davvero eccessivo il minutaggio e poco felice la prova di Jake Gyllenhaal. VOTO: 6
Zodiac è stato un serial killer realmente esistito nella California settentrionale a cavallo tra gli anni '60 e gli anni '70, sfortunatamente mai catturato dalle forze dell'ordine. Aveva il vezzo, prima o dopo di un nuovo assassinio di inviare una lettera al San Francisco Chronicle, contenenti indizi crittografati, in un'apparente insana sfida a farsi scoprire. Una trentina di anni più tardi, col caso ormai morto e sepolto per i media e (suppongo) archiviato per la giustizia, David Fincher decide di portarne sullo schermo i retroscena di tale investigazione, affidandosi a uno script firmato James Vanderbilt. Ora, se da un lato non potrei pensare a regista più adatto di Fincher per rendere appieno le tetre e oscure barbarie in cui si perde la storia di Zodiac, dall'altro non posso dire che il risultato finale mi abbia lasciato completamente soddisfatto. Infatti, a fronte del suo innegabile valore tecnico, il film risulta tarato da un paio di difetti non di poco conto. In primo luogo la lunghezza, 160 minuti, molti dei quali facilmente epurabili senza conseguenze negative per l'economia del racconto. Il difetto numero due si chiama Jake Gyllehaal, e badate, sto parlando di uno dei mie attori preferiti, che qui sembra invece un pesce fuor d'acqua, con la stessa espressione -semiebete- stampata sul volto dall'inizio alla fine della pellicola. Bella invece, tra le tante felici intuizioni del regista,l'idea quella inserire nel film un breve spezzone della proiezione di “Dirty Harry”, altro film basato, seppur meno fedelmente, sul medesimo criminale.
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