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Alpha Dog

Regia di Nick Cassavetes vedi scheda film

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La recensione su Alpha Dog

di scapigliato
8 stelle

La tristezza di un fatto di cronaca, oggi ormai celebre, è riportata tale e quale sulla pellicola impressionata da Nick Cassavetes, di cotanto padre. L’alpha dog del titolo è il capobranco delle gang losangeline, ed è impressionante come quel nano a cui voglio tanto bene, Emile Hirsch, riesca ad essere un gigante e a divorarsi come un leone famelico tutto l’intero e vario cast. Da Justin Timberlake, il personaggio che siamo lì per lì per amare ma che poi ci delude (oltre l’attore che non è proprio tale), a Shawn Hatosy, lo “slave” del gruppo, sadomasochista e altro, fanatico di chi lo umilia e di chi lo maltratta, fino al Bruce Willis e alla Sharon Stone ispirati che hanno infarcito di sè il film. Ma Emile Hirsh resta lo spiazzante interprete di una No-Generation incredibile, quella Mid che comprende i nati dalla fine dei ’70 alla metà degli ’80, e che nulla chiedono al gossip e nulla allo star system: sono solo volti, segni, corpi, oggetti. E qui, l’oggettistica si spreca. “Alpha Dog”, ovvero il “cinema fisicato” alla “Fight Club”, prende la strada del docudrama, forse il cognome è troppo ingombrante, ma alla fine il prodotto “altro” di Cassavetes Jr. è freddo e staccato e non preme il dito sul lato dolente della storia: l’uomo. Come dice bene Gervasini “manca quel briciolo di epica capace di trasformare i personaggi in figure tragiche, memorabili”. La via è quella giusta, ma il risultato finale non è quello atteso. Anche per una serie di difetti evidenti. Dapprima l’esagerata recitazione di mezzo cast. Se Emile Hirsh è grande nella sua sobrietà, sia Timberlake che Hatosy e soprattutto Foster, sono esagerati e patetici. Se la cava meglio il giovane ragazzino rapito, poi vittima inutile di un gioco noioso, col volto di Anton Yelchin, che come è lui stesso spiazzato dagli eventi ci spiazza anche a noi, ulteriormente. Un applauso alla scelta del variegato cast, dove tra tutti c’è un amorevole Harry Dean Stanton che ruba il fiato (maledetto Sam Peckinpah!!), e poi la bellissima Amanda Seyfried, ma la direzione resta impiastrata da lontano. Non è male questo approccio, ma si poteva fare diversamente. Cmunque, giusto per chi non lo conosce Harry Dean Stanton ha attraversato tutto il più bel cinema americano da’ 60 ad oggi.

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