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Gli inesorabili

Regia di John Huston vedi scheda film

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La recensione su Gli inesorabili

di Antisistema
7 stelle

Gli Inesorabili di John Huston (1960) è un film praticamente replicato spesso a tutto spiano su vari canali, ma sino a poco tempo fa' non sono riuscito mai a beccarlo. Che posso dire... sicuramente un buon film ed anche molto interessante, anomalo e visionario rispetto ai western dell'epoca. Vi avverto prima di cominciare a parlarne che Huston l'ha praticamente rinnegato, sostenendo che non riuscisse a vederlo oltre 10 minuti e c'ho una mezza idea del perché... se un regista rinnega il lavoro fatto, é perché fondamentalmente ha avuto dei problemi nella realizzazione di esso. Il bilancio dei problemi è numeroso in effetti; tra attori a rischio annegamento, Audrey Hepburn che cade da cavallo e oltre a fratturarsi piede e vertebre, perde il bambino che aspettava ed infine contrasti tra Huston e Lancaster, che in quanto produttore voleva un film più commerciale (vaffanculo Burt), mentre il primo voleva realizzare un duro atto d'accusa contro il razzismo presente nella società americana.

 

La tranquillità della famiglia Zachary viene distrutta dalla rivelazione del vecchio squilibrato Abe (Joseph Wiseman) secondo cui la figlia adottiva Rachel (Audrey Hepburn) è in realtà un'indiana Kiowa. La ragazza viene ostracizzata dalla comunità e reclamata dalla sua tribù, ma gli Zachary, guidati dal figlio maggiore Ben (Burt Lancaster), non hanno intenzione di lasciarla andare. 

 

Gli Inesorabili per via dei problemi elencati e per l'ambiziosita' dei teni trattati, è un film contraddittorio (specialmente nel finale), con buoni 20 minuti iniziali che vanno leggermente a spasso per fatti propri e alcune scene grossolane (i giovani ragazzi che giocano alla cavallina non si possono vedere); però è anche vero che ha i suoi punti di forza. In primis aver girato in Messico e tutto in esterni è un'ottima cosa, poiché così si percepisce la polvere, il sudore, la fatica e la brutalità della vita di una famiglia nel vecchio west (compresa la doma dei cavalli), inoltre i due protagonisti che sono ben amalgamati nel loro intenso risulta rapporto (quasi) saffico. Burt Lancaster conferisce profondità e spessore al suo personaggio attratto dalla sorella e rancoroso verso chiunque la minacci; Audrey Hepburn invece... dopo Wood portoricana, Taylor egiziana, Loren l'araba, mi mancava Hepburn l'indiana; prese in giro a parte, pensavo fosse fuori posto in questo western ed invece mi ha convinto abbastanza in questo ruolo atipico e conferisce un genuino spessore umano al suo personaggio sospeso tra due popoli, inoltre vederla con un fucile in mano é un fatto curioso e se ci mettiamo anche il fatto che per la prima volta ha una madre (visto che in tutti gli altri film le madri erano sempre morte... qua tocca al padre tirare le cuoia), e questa é la grande Lillian Gish, abbiamo fatto tombola.

Lillian Gish domina su tutto e tutti, scegliere lei, che è una vera e propria leggenda è perfetta come scelta. Oscura, collerica, viscida, ignobile e vendicativa, funge da perfetto contraltare all'umanità gioiosa della figlia ed è portatrice di un segreto enorme.

 

Abbiamo una pellicola che parla l'impossibilità di conprendersi tra due popoli e del razzismo latente nella società americana. Se la ragazza fosse un'indiana di nascita, sarebbe così grave? Eppure é cresciuta con usi e costumi americani, quindi risulta essere in tutto e per tutto "civilizzata", ma questo sembrerebbe non bastare. Sono più importanti i legami di sangue, oppure il percorso di crescita in una comunità? In Sentieri Selvaggi Ford é per la prima tesi, mentre Huston é per la seconda tesi. Io sono per la tesi che conta l'appartenenza alla famiglia in cui cresci e non dove nasci. A livello ideologico il film è molto più avanti di Sentieri Selvaggi di Ford, che sotto questo punto di vista risulta datato, anche perché Huston lascia la scelta nelle mani di Rachel Zachary (nel film di Ford è Wayne che decide per Natalie Wood che subisce le decisioni altrui).

 

Abbiamo un problema però; tutto questo é esposto in modo un po' ambiguo... nel senso che gli americani hanno preso agli indiani di tutto e di più, ed ora anche i loro figli... come a dire che l'America si fonda sulla violenza e sulla propria autoconservazione, anche a discapito del diverso. Il finale però è troppo contraddittorio da questo punto di vista e i diversi scontri tra diverse visioni del film, si sentono lungo la durata di esso e finisce in modo troppo autoassolutorio. Gli Inesorabili è un'opera anomala e speculare a Sentieri selvaggi di John Ford, dove la psicologia domina sull'azione, si sfuma il confine tra buoni e cattivi e il racconto di frontiera si contamina con dosi di melodramma. Il ritratto del West secondo Huston è indubbiamente imperfetto e troppo altalenante. Un film da vedere? A mio avviso si, lo voglio rivedere anche io in futuro, perché a suo modo è un film interessante ed in futuro il voto potrebbe aumentare.

 

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