Regia di Kazuaki Kiriya vedi scheda film
C’è la guerra, oggi. La vita è stata spazzata via. Di umani ne esistono pochi. Un mad scientist è alla ricerca disperata del perfezionamento della sua invenzione ultima e suprema, nuove cellule in grado di troncare le ali alle malattie e alla morte stessa, ormai dilaganti ovunque e in chiunque (compresa la moglie). Poi gli muore il figlio sul campo: e lui lo fa rinascere, mutante. Ma dal lago (letterale) dei suoi pezzi di ricambio sorge anche un’armata di ribelli, che di fronte all’orrore generale riverseranno sul mondo altro orrore. Senza colpe sparse di qua e di là, l’universo fantastico di Kyashan – La rinascita è la nostra realtà nuda, dove i sentimenti appartengono a tutti, da una parte all’altra della barricata. Solo che questa benedetta barricata, tra giusto e sbagliato, tra morale e immorale, non ha più un volume specifico evidente. E a soffrirne è l’uomo, come genere e come razza, obnubilato, teso al recupero degli affetti ma costretto (suo malgrado) a imbracciare le armi, e a scendere nel pozzo del sangue. Tralasciamo analogie e modifiche rispetto la nota serie animata di cui il film è la riproposizione live. Kyashan – La rinascita è uno spaventoso agguato ai sensi dello spettatore, che resta tramortito da un’impalcatura estetico-visiva impressionante. Carne e digitale si sommano in una babele di segni e suggestioni (anche altissime) che lascia esterrefatti, soprattutto per la portata purissima dell’assunto. Che è semplice eppure complicato, stando ai tempi che viviamo: l’amore, nervo per fortuna ancora vivissimo e scopertissimo, è impossibile da “adempiere”. Un blockbuster di proporzioni immani che parla di mente e cuore, utilizzando gli strumenti organolettici con afflato romantico che non dà tregua alla commozione (si veda l’annuncio della morte del figlio a Midori). Da far vedere obbligatoriamente a chi governa i paesi, a chi distribuisce il potere, a chi decide le sorti della povera gente, in ultimo l’unica veramente a essere tranciata in mille pezzi.
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